Fonte del Bagno

Fonte del Bagno

di Giacomo Bini

dicembre 2015

E pensare che anticamente lo chiamavano il “Bagno delle Allegrezze”. Ora invece la Fonte del Bagno fa una grande tristezza: deserta, pressoché essiccata, negletta. Dalla cannella esce un filo d’acqua che scorre per pochi secondi e poi cessa, come fosse un ultimo respiro.

Ben altri tempi quelli in cui Jacopo Maria Fioravanti scriveva, nelle sue “Memorie Storiche della città di Pistoia” (1758), che l’antico Bagno dell’Allegrezze «sanava moltissime infermità» e racconta come nel 1464, fosse un po’ decaduto a causa «dell’ingordigia de’ Medici» signori di Firenze. I cittadini vollero riportarlo al suo antico splendore e per questo «chiamarono persone intendenti dalle quali fu posta ogni diligenza possibile per restituirlo nella sua pristina perfezione, lo che essendo eseguito fu di gran giovamento a molti infermi, che si servirono della mirabile virtù di quell’acque». Del restauro del 1464 ci riferisce anche Antonio Mattani nella sua “Relazione istorica e filosofica delle produzioni naturali del territorio pistoiese” (1762) aggiungendo però che nel suo tempo, nei pressi dell’antico Bagno esisteva «un’acqua sulfurea sulla Via che conduce a Fognano e alla Villa di Colle Alberto della Famiglia dei Signori Conti Bardi in quella parte che Bronia comunemente addimandasi». Il Bagno non c’era più ma la Fonte era molto rinomata, tanto che il pievano Bertini proposto di Montale «aveva concepito l’idea di acquistare in permuta, per conto della sua chiesa, dalla casa Guicciardini quel fondo con lo scopo di allacciare l’acqua di Bronia e renderla al suo antico uso» (lo riferisce Emanuele Repetti nel suo “Dizionario geografico fisico storico della Toscana” del 1839).

Dell’attrattiva costituita dalla Fonte di Bronia è testimone, nel 1889, anche Anacleto Francisci che nelle sue “Memorie di Montemurlo e Montale” descrive «una polla perenne d’un acqua Zulfurea Minerale, molto rinfrescativa, nel mezzo di un campo o trivio luogo detto Bronia di proprietà dell’Ill.mo Signor Conte Francesco Guicciardini Deputato al Parlamento Nazionale. Quell’acqua oggi è chiamata dei Vaccai e nell’estate è ricercatissima da ognuno».

L’acqua di Bronia o del Bagno è restata molto richiesta fino a pochi anni fa. La gente faceva la fila ed era disposta a lunghe attese pur di portare a casa l’acqua dall’odore e sapore inconfondibile che, a detta di molti, faceva bene alla salute. E siccome le code alla fonte non erano regolate dal numerino, nascevano liti tra chi era in attesa e qualcuno metteva la sveglia di notte per andare a rifornirsi di acqua a Bronia. Gli estimatori non erano solo di Montale ma venivano da tutti i centri vicini: Montemurlo, Agliana, Prato e Pistoia.

Ora i fasti della Fonte del Bagno sono ormai un ricordo. L’acqua non esce quasi più dalla cannella e nessuno ha mai spiegato perché il flusso dell’acqua si sia così ridotto fino ad essere quasi impercettibile. Il declino di un pezzo di storia di Montale è avvenuto nell’indifferenza delle amministrazioni comunali che si sono succedute negli anni. Eppure nel luogo della fonte c’è il simbolo del Comune di Montale, realizzato in ceramica dagli alunni delle scuole medie Melani. L’unico avviso del Comune è quello che avverte, nel 2010, che dall’analisi effettuata dall’Ausl l’acqua della fonte risulta «non conforme agli standard dei requisiti fissati dal Decreto Legislativo 31/2001, allegato 1 punto C». L’acqua non corrisponde agli standard di legge perché ha caratteristiche minerali particolari come testimonia la sua storia secolare. Ma nessuno ha mai voluto valorizzare le sue qualità e così della preziosità e salubrità dell’acqua del Bagno non restano che le tradizioni popolari e la memoria di un prestigioso passato.

 

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