Gerardo Paoletti – l’arte nella memoria

Gerardo Paoletti – l’arte nella memoria

di David Colzi

marzo 2015

Usando un termine di qualche decennio fa, potremmo definire l’opera di Gerardo Paoletti come “arte sociale”, dato che i suoi sforzi pittorici negli ultimi anni si sono concentrati sulla nostra memoria collettiva, passata e recente, rielaborando temi quali i drammi della guerra, lo strapotere delle multinazionali, la prepotenza di certi personaggi pubblici, fino a un ciclo di lavori che ripercorre la storia della mafia italiana. Filo conduttore della sua ricerca è anche “l’aberrante normalità” in cui certe dinamiche si svolgono nel mondo.

Gerardo, ha scoperto l’arte in tenera età, e già all’epoca delle elementari il suo talento era stato intuito dalla maestra Renza, che gli aveva dato una piccola stanza per lavorare: «Secondo lei ero già un grande pittore!» dice divertito Paoletti «Mi ricordo che un anno mi fece disegnare un’ultima cena su un foglio di 2 metri, per attaccarlo nel corridoio. Poi mi chiamava ogni qual volta c’era da realizzare un cartellone per la scuola; è stata una maestra eccezionale». Dopo qualche anno di liceo scientifico, e dopo aver raggiunto la maggiore età, ecco finalmente spalancarsi per lui le porte dell’istituto d’arte di Pistoia. «E’ stato un periodo magico, dove ho incontrato professori eccezionali, come Paola Ballerini, Siliano Simoncini e il compianto Sergio Beragnoli, che mi hanno avvicinato alla grande arte». La conclusione del suo percorso di studi è avvenuta all’Accademia di Firenze. Quando la prima opera pubblica? «A 20 anni nel 1994,» dice Paoletti «e si trattava di un panneggio di 10 metri, sulla parete in un negozio da sposa. Quel lavoro mi permise di comprare il mio primo aerografo professionale, strumento tutt’oggi fondamentale per il mio lavoro». 

Girando nel suo studio quarratino, che divide con un’altro artista talentuoso, Federico Gori, con cui ha collaborato in vari progetti, ci stupiamo di quanta ricerca ci sia dietro ogni lavoro, sia a livello teorico che tecnico. La documentazione accurata è la base solida su cui Paoletti poggia le sue visioni, che acquistano inevitabilmente una forte connotazione nel reale, anche se a prima vista sembrano immagini di matrice surrealista. Così fra teschi, morti alate e animali antropomorfi che richiamano quelli del pittore olandese Bosch, fanno capolino volti conosciuti, come quello di Mao Tse-tung e Stalin, oppure quello di Erich Priebke, il boia delle Fosse Ardeatine, oltre a visi più contemporanei, come quello del presidente americano Bush, Osama Bin Laden o Silvio Berlusconi. Tutti rappresentati con un pizzico di ironia e senso del grottesco, in un ricettacolo di immagini che richiamano il nostro tempo, con tutte le sue contraddizioni. «Io cerco sempre un’iconografia molto riconoscibile» dice Paoletti. «quindi parto da ritratti fotografici che tutti hanno visto almeno una volta; questo aiuta a immedesimarsi con l’opera». A dare ulteriore potenza espressiva, c’è poi l’intuizione tecnica di usare il cotone cucito estroflesso per conferire tridimensionalità ad alcune parti del quadro. L’esperienza si completa però solo durante la mostra, quando ogni ritratto, tramite una proiezione su di esso, muove la bocca e parla con una voce. 

Segue questa linea anche l’ultimo lavoro dell’artista, riguardante la mafia: Paoletti, coprendo un trentennio di storia italiana, dagli anni ‘70 ai ’90, porta in scena 92 ritratti di mafiosi e delle loro vittime, tra cui gli uomini di Stato che hanno combattuto questa piaga sociale. Il lavoro ha richiesto 4 anni di ricerche, soprattutto per reperire il materiale audio. La prima tappa della mostra sarà a Firenze entro maggio, collocata lungo un tunnel di 13 metri, con all’interno 8 proiettori. La sede non è ancora stata definita, ma visto l’importanza di questa opera, siamo sicuri che non tarderà a girare tutta Italia, forte anche del sostegno di “Libera” e della “Fondazione Antonino Caponnetto”, attive sul fronte della lotta alle mafie. «La memoria è lo zoccolo duro su cui le persone possono stare in piedi dritte, senza vacillare: per questo è importante metabolizzarla», conclude giustamente Gerardo Paoletti.

 

 

www.gerardopaoletti.com

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