di David Colzi
agosto 2012
Nata e cresciuta in una famiglia contadina montalese, Gina Gelli è a tutti gli effetti un personaggio di Qua, degna di essere inserita nella nostra rubrica. Figlia di “dogana”, Gina ha iniziato presto a rimboccarsi le maniche, come tutti quelli della sua generazione. <<Si cominciava fin da piccoli a rendersi utili in casa, ancor prima di iniziare a lavorare: pensi che sono l’ultima di quattro figli, e l’unica femmina!>> dice Gina Gelli <<In famiglia eravamo in diciotto, quindi le cose da fare non mancavano mai>>.
Poco più che adolescente, Gina andò a lavorare a Prato a dividere “gli stracci”, come usava allora nella nascente industria locale che poi sarebbe diventata grande nel mondo. Gli anni passarono in fretta e siccome di soldi ce n’erano pochi, ma di miseria ce n’era per tutti, Gina si trovò un ulteriore lavoro: quando staccava il turno a Prato, andava a vendere calze e biancheria per signora ai suoi concittadini, ed è così che in molti se la ricordano ancora, cioè con la Lambretta piena di pacchi che andava avanti e indietro per il comune: era la fine degli anni ‘50 e Gina dimostrava già il suo spirito anticonformista (d’altronde non erano molte le ragazze che giravano da sole, di sera, andando a bussare alle case). Così, in Lambretta prima, e in auto poi, arrivò fino agli inizi del ‘70, quando decise di aprire la sua merceria, e dopo poco venne ampliata con la cartoleria, sempre in via Masini, con l’aiuto dell’insostituibile marito Mario.
E dal 1974 al 2011, sono passate almeno tre generazioni di famiglie montalesi in quelle stanze e ancora di più gli studenti. <<Sono davvero tante le persone che mi fermano per strada ancora oggi>> ci confida Gina commossa <<magari qualcuno mi saluta anche con un abbraccio: è molto gratificante!>> Come ha visto cambiare i giovani in tutti questi anni? <<Li ho visti molto migliorati, più educati, più istruiti e sicuramente più seguiti dai loro genitori.>> Molti si ricordano anche il “clima” della bottega, dove, tra un libro di testo, un timbro o un quaderno, c’era sempre spazio per la battuta, la chiacchiera o un caffè.