di Giacomo Bini
febbraio 2012
Da oltre trent’anni l’inceneritore di Montale infiamma non solo i rifiuti ma anche gli animi; suscita proteste, genera paure, mobilita comitati, alimenta indagini scientifico-sanitarie e processi penali, condiziona pesantemente lo scontro politico e gli esiti elettorali. Qualunque cosa si pensi sui suoi effetti sulla salute e l’ambiente, quella ciminiera in via Valter Tobagi ha segnato profondamente non solo il paesaggio, ma anche la vita sociale delle nostre comunità. Oggi siamo alla svolta decisiva nella lunga storia dell’impianto montalese, perché il piano interprovinciale dei rifiuti ne prevede un ulteriore ampliamento con il passaggio da 150 a 225 tonnellate al giorno di rifiuti da smaltire. La prospettiva di un potenziamento, ha già suscitato la rivolta dei Comitati che con vari nomi da anni combattono contro l’inceneritore sostenendo che è dannoso per la salute ed è la ragione principale dell’inquinamento dell’aria registrato dalla centralina di rilevamento di Stazione. La provincia invece difende l’opportunità dell’ampliamento del termovalorizzatore sostenendo che le analisi condotte da Asl e Arpat dal 2008 al 2011 hanno dimostrato che l’impianto non è la causa unica e principale dell’inquinamento. Intanto, nel bel mezzo della discussione, è piovuta la sentenza del tribunale di Pistoia che ha condannato, in primo grado, l’ex presidente del Cis Giorgio Tibo e il direttore Maurizio Capocci per lo sforamento nelle emissioni di diossina avvenuto nel 2007. Per valutare la situazione, intricatissima, di oggi è utile guardarsi alle spalle e considerare da quanto tempo e come l’inceneritore opera sul territorio.
L’impianto, di proprietà dei Comuni di Agliana, Montale e Quarrata, è entrato in funzione nel 1978 con due forni e una potenzialità di 90 tonnellate di rifiuti al giorno. Nei primi anni, le ceneri residuate dall’incenerimento, vennero ammucchiate all’esterno dell’impianto, dove si formarono delle inquietanti montagne nere. I 330.000 quintali di ceneri accumulate vennero rimosse con una bonifica solo nel 1989. Nel 1985 partì una prima ristrutturazione, con inserimento di filtri elettrostatici, camere di post-ancora combustione e un sistema di recupero energetico di 1.100 Kw. Seguirono altri ammodernamenti fino ad una nuova e recente ristrutturazione, ancora in fase di collaudo a cura della ditta Ladurner, che ne ha aumentato la potenzialità da 90 a 150 tonnellate al giorno e la produzione di energia elettrica fino a 33milioni di Kw. Nel luglio del 2007 c’è stato il momento più drammatico e choccante dello sforamento nelle emissioni di diossine; sei volte oltre il limite di legge. Il 18 luglio del 2007 il sindaco di Montale Piero Razzoli dispose la chiusura dell’impianto che rimase inattivo fino a novembre.
Una tumultuosa assemblea pubblica in piazza a Stazione, mise sotto accusa la società Cis e le amministrazioni locali. Fu formato un tavolo istituzionale in Provincia per tenere continuamente sotto controllo l’impianto e fu sospeso allora il progetto, già pronto, dell’ampliamento a 225 tonnellate, in attesa di svolgere delle indagini disposte dal tavolo istituzionale sui terreni, sulle matrici biologiche e sui dati epidemiologici. Nel frattempo un gruppo di cittadini ha avviato autonomamente analisi del latte materno che hanno rilevato la presenza di diossine. Le indagini ufficiali si sono concluse solo nel 2011 e i risultati sono stati resi pubblici in un convegno del novembre scorso. La sentenza di Arpat e di Asl è stata in sostanza che l’inceneritore è sicuramente una fonte di inquinamento ma che non è provato che sia la fonte principale o unica. Intanto si è intensificata la polemica sui dati rilevati dalla centralina di Stazione, che registra tassi elevatissimi di PM10 nell’aria, i più alti in Toscana e tra i più alti in Italia. L’ordine dei medici di Pistoia ha chiesto una moratoria sull’inceneritore. Arpat e Asl hanno dichiarato congiuntamente che l’inceneritore è una causa trascurabile delle PM10, ma il Comitato per la Chiusura dell’Inceneritore dice che si tratta di una valutazione su dati “parziali”. La decisione e la responsabilità sul futuro dell’impianto sta alle amministrazioni locali.