di Giacomo Bini
settembre 2015
Dopo otto anni dallo sforamento del 2007, all’inceneritore di Montale si sono registrati di nuovo valori di diossine superiori alla norma. Sembra un déjà vu, anche se le differenze non mancano a partire dall’entità dello sforamento: di sei volte nel 2007, di due volte e mezzo stavolta. Inoltre il 31 agosto scorso è stata fermata solo la Linea 1, mentre otto anni fa venne spento tutto l’impianto, che allora era gestito direttamente dal Cis e non, come adesso, da una ditta esterna, la Ladurner di Bolzano.
Il fermo del 2007 fu deciso dal sindaco di Montale, Piero Razzoli, appena ricevuti i risultati degli esami da Arpat, invece stavolta il fermo linea è stata un’iniziativa della Ladurner. Pare infatti che le analisi fatte su quindici giorni non consentano per legge il fermo dell’impianto che sarebbe possibile solo per le analisi fatte in un giorno solo. Regola questa alquanto paradossale. Ma le analogie col 2007 sono significative e non certo rassicuranti per la popolazione. In primo luogo i tempi lunghi con cui sono state effettuate le analisi: le due fiale di campioni si riferivano al periodo dalla metà di luglio alla metà di agosto. Dunque, a quanto risulta dalla documentazione pubblicata, per almeno trenta giorni l’impianto ha emesso diossina oltre i limiti senza che il gestore ne fosse a conoscenza e potesse intervenire. Anche nel 2007 le emissioni fuori norma durarono 45 giorni e dopo l’incidente non mancarono i buoni propositi per rendere più celere la procedura di prelievo e di indagine. Fu anche inserito il sistema del campionamento in continuo, dato che, tecnicamente, il monitoraggio in continuo per le diossine non si può fare, al contrario di quello che viene fatto per altri fattori inquinanti, come i metalli pesanti. Evidentemente non si è accelerato molto in questi otto anni e fa un certo effetto leggere che dopo lo sforamento Ladurner propone, tra le misure migliorative da introdurre, un’accelerazione nelle analisi in modo da avere i risultati entro dieci giorni. Ma non si poteva fare prima?
Altra analogia è che anche stavolta il gestore dell’impianto ha dato la colpa dello sforamento ad una partita di carboni attivi «non ottimali», cioè difettosi. I carboni attivi sono essenziali perché assorbono i fattori inquinanti e abbattono le diossine. Nel 2007 il Cis aprì un contenzioso legale con i fornitori del carbone attivo ritenuto responsabile dello sforamento. Poi il tavolo tecnico provinciale impose un severo sistema di controllo sui carboni attivi che diventarono i sorvegliati speciali dell’inceneritore. Tanto che nel 2008, il sistema di controllo registrò un flusso inadeguato di carboni e l’impianto fu fermato per qualche giorno. «E’ la prova che il sistema funziona» disse allora il presidente del Cis, Angelo Fazio.
Oggi, dopo otto anni, di nuovo Ladurner ha incolpato in un primo tempo i carboni attivi, ma poi, dopo ulteriori indagini, ha cambiato versione e li ha assolti, individuando la causa degli sforamenti nello sporcamento di una sonda del campionatore avvenuto in seguito all’arresto della Linea per la mancanza di corrente elettrica. Intanto la Linea 1 dell’inceneritore, fermata il 31 agosto, è stata riavviata il 9 settembre per permettere di effettuare nuove analisi delle emissioni, che sono state fatte il 14. I risultati sono stati largamente entro la norma e la Linea 1 ha ripreso a bruciare rifiuti.