di Giacomo Bini. Foto: Gabriele Bellini.
dicembre 2023
La rottura dell’argine dell’Agna, la sera del 2 novembre 2023, ha aperto una ferita gravissima nella comunità montalese, mettendo in ginocchio buona parte della zona industriale e sconvolgendo le vite di centinaia di persone nella zona della Stazione, in particolare in via Alfieri e in via Enrico Mattei. Il fiume, gonfiato da una quantità di pioggia eccezionale, ha travolto l’antico muro di pietra e l’argine di terra che lo contenevano e ha cambiato il suo corso impadronendosi dei capannoni industriali, delle strade, dei campi e di una zona densamente abitata nella frazione di Stazione (80 abitazioni solo in via Alfieri).
Dopo l’alluvione del 2 ce n’è stata un’altra il 4 novembre, perché il primo tentativo di tamponare provvisoriamente la falla sull’argine non è riuscito per effetto di una nuova, intensa precipitazione. La gente di via Alfieri si è vista ributtare in casa la sera del sabato 4 i rifiuti che aveva messo sulla strada il giorno prima. Decine di aziende, almeno una trentina, sono state invase dall’acqua e dal fango. Milioni e milioni di euro in materie prime e macchinari sono andati distrutti. Le strade interne della zona industriale sono state trasformate in torrenti e uno spesso strato di fango ha cambiato la morfologia di tutta l’area produttiva. Il letto del torrente Agna in quel tratto è “pensile”, cioè più alto del piano di campagna di quattro o cinque metri e quindi l’argine non è stato superato ma eroso da sotto e portato via dalla corrente. Impressionanti le immagini dall’alto con il tratto a valle dell’Agna asciutto come se fosse stato agosto perché l’intero torrente era andato altrove, verso la zona industriale e a sud verso gli Stradelli, cioè via Alfieri. In mezzo, le più colpite, le case di via Enrico Mattei dove l’acqua e il fango sono restati per giorni, fino al tamponamento dell’argine. Non ci sono state vittime dirette della piena anche se molte persone hanno rischiato la vita, specialmente nella zona industriale, dove donne e uomini sono rimasti intrappolati nelle fabbriche, alcuni che erano in macchina sono stati salvati grazie all’intervento di alcuni mezzi meccanici di un’azienda della zona. Molti se la sono vista brutta, ma nessuno a Montale ha perso la vita a causa dell’alluvione come è accaduto a Montemurlo e a Lamporecchio. Va però ricordato che una donna di 68 anni di Stazione è morta nella propria casa di via Alfieri per cause naturali, un malore di natura cardiaca, mentre la strada e la sua casa erano allagate. I danni sono incalcolabili.
Le famiglie colpite hanno perduto tutto. Le aziende non si sa se saranno in grado di ripartire. Titolari e dipendenti si sono messi al lavoro fin dal giorno dopo, per spalare il fango e cercare di mettere in salvo il possibile. Ma molte ditte non erano neanche raggiungibili e alcune erano talmente piene di fango da rendere impossibile un intervento solo con la forza delle mani. La falla nell’argine è stata chiusa solo il giorno 8 novembre e anche nei giorni successivi copiose infiltrazioni di acqua continuavano a scorrere nelle traverse di via Guido Rossa, tra i capannoni e anche all’interno dei capannoni. Una volta frenata la furia dell’acqua si è posto immediatamente il problema della massa di fango e di rifiuti da rimuovere. Molte ditte hanno cercato di fare da sole anche chiamando a proprie spese delle imprese esterne. La Protezione Civile ha inviato prima volontari e poi una colonna proveniente dalla Regione Liguria, mentre una colonna della Basilicata è intervenuta in via Alfieri.
Per molte aziende c’è il rischio della chiusura e per il paese di Montale c’è lo spettro di una deindustrializzazione. Le ditte presenti nella zona industriale erano imprese forti, molte delle quali producevano per l’estero. La cessazione di quelle attività sarebbe un danno irreparabile. Oltretutto negli ultimi anni la zona industriale di Montale aveva attratto diverse imprese che vi si erano insediate anche grazie ad un miglioramento della viabilità. C’è il forte rischio che questa tendenza all’espansione si interrompa bruscamente.
Poi rimane l’incognita di quell’argine dell’Agna che dopo questo evento costituirà un motivo di inquietudine a meno che non vengano compiuti interventi sostanziali di messa in sicurezza. L’ultima volta l’argine si era rotto nel 1929 e ci sono testimonianze di rotture nei secoli precedenti, ma allora c’erano solo campi e non c’era una zona industriale con centinaia di milioni euro di valore nei capannoni e almeno cinquecento dipendenti.