di Ferdinando Santini
dicembre 2018
Fino agli anni ’60 l’obesità si compendiava nella immagine di una bilancia: su un piatto gli introiti (cibo), sull’altro i consumi (attività fisica). L’obeso, ritenuto responsabile del suo sovrappeso, era colpevolizzato ed additato, anche dai medici, come individuo trasgressivo e incapace di autocontrollo: stigma che ha segnato, e tuttora segna, negativamente la vita dell’obeso, relegato all’emarginazione sociale ed al bullismo (scuola e lavoro) fin dalla giovane età.
Con gli studi sulla composizione del corpo umano si introduce, a scopo classificatorio, l’Indice di Massa Corporea (M.B.I.)*, e si correla questo indicatore al rischio di morbilità e di mortalità:
Normopeso (fra 20 e 24.9) Peso ideale, basso rischio, nella norma.
Sovrappeso (fra 25 e 29.9), una persona su tre, rischio aumentato.
Obeso di grado: Lieve (fra 30 e 34,9), rischio elevato; Moderato (fra 35 e 39.9), rischio molto elevato; Grave (oltre 40) rischio estremamente elevato.
Oggi una persona su dieci è obesa; più della metà dei diabetici tipo 2 è sovrappeso od obesa.
Si definisce il ruolo del Sistema Nervoso Centrale nella regolazione fisiologica e patologica del bilancio energetico, mediata dai centri ipotalamici della fame, della sazietà e della termogenesi.
Si scopre la leptina, ormone secreto dal tessuto adiposo, che regola il senso dell’appetito, il bilancio energetico e dei depositi adiposi; mentre la grelina è l’ormone che stimola il senso di appetito.
Seguono la identificazione di mediatori o modulatori, che interagiscono con meccanismi facilitatori o inibitori, provenienti dalla periferia, cioè dall’intestino, dal tessuto adiposo e dal sistema nervoso, sia centrale che periferico. Nasce il concetto fondamentale di “brain-gut-fat axis” (Asse cervello-intestino-tessuto adiposo).
Ritenuto fino a pochi decenni orsono, un semplice deposito di trigliceridi, una coperta termica o un banale tessuto di sostegno, al tessuto adiposo oggi vengono riconosciute fondamentali attività multiendocrine e metaboliche, con differenziazioni anche distrettuali, proprie di un organo diffuso: si parla infatti di organo adiposo, e l’obesità viene riconosciuta come malattia, ovvero patologia epidemica (O.M.S.), correlata a malattie degenerative cardiovascolari e tumorali, e riguarda sia egli adulti che i bambini.
Si ritiene oggi che l’obesità sia una condizione complessa che deriva dall’interazione di fattori epigenetici, psicologici e ambientali. In Italia, l’obesità è responsabile di 57 mila decessi all’anno. Solo un’azione continuativa e sinergica fra Pazienti, Medici, Istituzioni, Organi della Cultura e della Stampa può prevenirla e contenerla con azioni educative continuative e terapie validate.
*M.B.I.= Peso in chilogrammi, diviso l’altezza in metri – al quadrato.