di Giacomo Bini
marzo 2014
Sinistro da favola, talento puro, intelligenza calcistica sopraffina, Paolo Bessi era un numero dieci indiscusso, di quelli che in campo comandano il gioco e si impongono quasi per un diritto di natura; il diritto della tecnica e del carisma. Alla Pistoiese, dove ha giocato per 14 anni consecutivi, era il capitano e la bandiera, negli anni sessanta, in una serie C dai valori tecnici comparabili alla B o alla A attuali. Acclamato dal pubblico del Monteuliveto e poi del nuovo stadio, Bessi era il regista in campo e diceva l’ultima parola anche sulla formazione. Dai suoi piedi partivano lanci millimetrici e tiri da cineteca. Su di lui avevano messo gli occhi tante squadre di serie A e solo un infortunio al ginocchio e forse il troppo affetto dei dirigenti arancioni, gli impedì il salto nella massima serie. Era andato alla Pistoiese da ragazzino, a 14 anni, acquistato dal Montale insieme ad altri talenti in erba, in cambio di dodici palloni. Mai operazione di mercato fu più proficua. Già a 16 anni Bessi, lanciato in prima squadra, estasiò gli osservatori in un’amichevole col Bari.
A 18 anni, in prestito al Poggibonsi, fece 14 gol e la Pistoiese lo rivolle subito con sé. Da quel momento, per dieci anni, Bessi fu il faro della squadra arancione. Lavorava ai telai nello stanzone dello zio a Montale e giocava da par suo. Convocato stabilmente nelle rappresentative toscane, era ammirato dagli intenditori, perché faceva cose da palati fini. Angelillo, allenatore di una squadra avversaria, dopo una partita lo chiamò da una parte: «Dieci» gli disse «viene qua, non ho mai visto giocare così».
Se gli chiedi due ricordi che si stagliano sugli altri, Bessi, dopo averci un po’ pensato, sceglie due gol: il primo alla Reggiana, in una partita decisiva per la salvezza: palla intercettata, discesa tra un nugolo di avversari, tiro di collo pieno, tribune in delirio. Il secondo quello infilato al famoso portiere Boranga: un’azione personale partita dalla palla al centro, tutto da solo e poi un missile che si spegne nel sette. E mentre Paolo racconta, in piedi nel salotto di casa, accanto alle foto incorniciate di quando giocava, i suoi occhi si illuminano e il suo corpo accenna a ripetere movimenti impressi in modo indelebile nella memoria. «Quando mi è capitato di incontrare di nuovo Boranga» dice «mi ricorda sempre quel goal». Dopo aver smesso di giocare, Paolo è stato allenatore, sempre in squadre della zona, dimostrando grandi capacità non solo tattiche ma anche di leadership. Ha guidato, tra le tante, anche due squadre femminili nelle massime serie a Prato e ad Agliana. Nel 2010, per il settantesimo compleanno, gli è stata dedicata una partita: vecchie glorie della Pistoiese contro quelle del Montale. «Il calcio è semplice» dice «se uno lo capisce». E per lui il pallone non ha mai avuto segreti, gli ha sempre dato del tu.
Foto sopra: Bessi viene premiato prima della finale del Torneo dei Rioni, come allenatore della rappresentativa del Montale che ha giocato contro la squadra di Agliana, durante il derby del centenario del comune aglianese. Al centro l’assessore Lucio Avvanzo, e a sinistra il presidente del consiglio comunale Alberto Fedi.