Produzione di miele 2018 – facciamo il punto con apicoltori locali

Produzione di miele 2018 – facciamo il punto con apicoltori locali

di Daniela Gori

giugno 2018

Quando si parla di miele bisognerebbe sempre considerare che si tratta di un alimento molto apprezzato già nell’antichità, quando ancora per dolcificare non esisteva lo zucchero e le popolazioni vissute nei secoli lontani, addirittura millenni avanti Cristo, lo utilizzavano non soltanto per scopi alimentari ma anche per fare medicinali e unguenti. Presso gli antichi egizi e per i greci, che lo ritenevano sostanza preziosa e purissima, degna degli dei, era impiegato addirittura per i riti funerari e propiziatori. Eppure al giorno d’oggi si tende a dare per scontata la sua produzione, abituati agli scaffali del supermercato dove si trova tutto, come se le api fossero animali da cortile al pari delle galline o potessero essere munte come le mucche. Purtroppo, o per fortuna, non funziona così; le api in libertà sono insetti difficili da gestire, e delicate perché è delicato l’equilibrio della natura che determina la loro sopravvivenza. Per questo ottenere miele di alta qualità richiede tanta dedizione da parte degli apicoltori, in perenne lotta con l’inquinamento, con i veleni degli antiparassitari, con la presenza di acari e insetti alieni e anche con le condizioni meteorologiche avverse.

Quest’anno per esempio a causa del clima, che non ha giocato a favore delle api, ci sono stati problemi per molti apicoltori della piana. A creare complicazioni e far diminuire il numero delle api in modo importante sono stati gli sbalzi di temperatura, il freddo e le gelate di febbraio, seguiti dalle continue piogge che hanno ostacolato il ricambio con le giovani generazioni dei preziosi insetti, e messo in crisi alcune fioriture. «A parte il discorso pesticidi, di cui si parla da tanto tempo, quest’anno è stato un disastro per il clima» spiega Denis Giovannetti, apicoltore di Quarrata titolare di “Naturapi” «già l’estate troppo calda del 2017 aveva portato tanta siccità, e già le api avevano sofferto, poi l’inverno rigido e umido ha dato il colpo di grazia. Ci sono state perdite importanti di colonie sul Montalbano, è un bel guaio per le piccole aziende come quelle della mia realtà, di cui nessuno si preoccupa». Alla stessa maniera si è lamentata Elena Bonechi, apicoltrice sul Montalbano titolare dell’azienda “La pettegola”. «E’ stata decimata la generazione di giovani api che doveva dare il ricambio a quelle vecchie; dunque le varie fioriture, a partire da quella dell’acacia, hanno faticato».

Le cose non sono andate meglio per i produttori di miele di Agliana, della “Apicoltura Gallorini Stefano”, che hanno i loro apiari sulla montagna pistoiese. «Le api infatti prima preparano le scorte per sé, poi passano a riempire i melari. Ma rispetto all’anno scorso le famiglie di api sono più deboli» ci spiega il titolare «e il freddo ha contribuito a rallentare la crescita delle famiglie con conseguenti diminuzioni della produzione. Poi è arrivato il caldo tutto insieme e anche questo ha portato qualche svantaggio. Comunque quest’anno è andata meglio per il miele d’acacia, rispetto all’anno scorso, e invece è stata carente la prima fioritura, quella per fare il miele millefiori. Ora aspettiamo la fioritura dei castagni».

Leggermente migliore è invece la situazione a Montale: «Forse perché qui noi abbiamo le api in zone più basse, e quindi più riparate dal freddo» ha raccontato Sara Lemmetti, apicoltrice di Sun rising, «ma devo dire che è andata meglio delle aspettative. Abbiamo potuto raccogliere il miele d’acacia in quantitativi superiori all’anno passato. Quest’anno le nostre api sono riuscite a cavarsela abbastanza, considerate le difficoltà che l’invernata ci aveva prospettato. Vediamo ora con l’estate come si mettono le cose; so però che purtroppo per altri colleghi della piana le difficoltà sono state maggiori».

Una situazione che avvantaggia il consumo di miele di importazione, come sottolinea Coldiretti: «A livello nazionale la produzione di miele nel 2017 si è ridotta a meno di 10 milioni di chili, uno dei risultati peggiori della storia dell’apicoltura moderna da almeno 35 anni, mentre le importazioni, soprattutto da Ungheria e Cina, hanno superato i 23 milioni di chili con un aumento di quasi il 4% rispetto all’anno precedente. Per evitare di portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità» consiglia la Coldiretti Pistoia «occorre verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure rivolgersi direttamente ai produttori».

 

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