Roberto Fondi – un paleontologo contro l’evoluzionismo

Roberto Fondi – un paleontologo contro l’evoluzionismo

di Giacomo Bini

marzo 2023

Nonostante abbia messo radici a Siena fin da quando aveva poco più di 10 anni, Roberto Fondi ha sempre conservato un grande affetto per il nostro territorio e, in modo particolare, per quello della Stazione di Montale. Nel 1943, infatti, mentre gli aerei nordamericani attraversavano il cielo sganciando i loro carichi distruttivi, egli nasceva proprio lì, nella casa dei suoi nonni, ben conosciuta in tutta la zona in quanto includente, oltre alla parte abitativa, anche una rivendita di sali, tabacchi e generi alimentari combinata con una macelleria e un salumificio. A Siena, una volta terminati gli studi classici e poco dopo aver conseguito la laurea in Scienze Naturali presso la locale Università, è stato assunto nel corpo docente di quest’ultima quale insegnante di Paleontologia, ruolo che egli ha svolto dal 1970 al 1999. Fin dal suo primo ingresso nel mondo accademico, comunque, Fondi è risultato rivelarsi come un soggetto del tutto fuori dal coro, come testimoniano i suoi articoli e i suoi purtroppo ormai introvabili libri: “Dopo Darwin: Critica all’evoluzionismo”, “La révolution organiciste” e “Università riformata o demolita?” In sintesi si può dire che in Italia – ma forse anche nel resto dell’Europa – Fondi è stato l’unico paleontologo professionista che ha osato dichiararsi apertamente come anti-evoluzionista.

Com’è iniziata la sua passione per la paleontologia?

«Siccome fin da quando frequentavo le elementari sono stato affascinato, come tanti altri ragazzi, dal mondo dei dinosauri e di tutte le altre forme di vita che hanno popolato il nostro pianeta e che poi sono scomparse, per saperne di più ho deciso di fare il paleontologo».

Qual è il contributo della paleontologia alle scienze della natura?

«La Paleontologia ha dato due formidabili e fondamentali contributi. In primo luogo, ha dimostrato che la vita sul nostro pianeta, da quando è comparsa fino ai giorni nostri, non è rimasta sempre la stessa così come la vediamo attualmente (e come generalmente si è creduto fino a tutto il XVIII secolo: basti pensare a Linneo), ma si è diffusa e perpetuata nel corso del tempo cambiando ripetutamente di configurazione ed aumentando generalmente in complessità».

Questo dato di fatto è quello che si definisce evoluzione ?

«L’uso del termine “evoluzione biologica” è da ritenersi appropriato soltanto a condizione che sia inteso unicamente in senso generico: come dire cioè, ad esempio, l’evoluzione degli stili architettonici, o delle armi da fuoco, o dei casi di suicidio nel corso del tempo. Diventa invece inappropriato e fuorviante se lo si intende nel senso indicato dai seguaci dell’evoluzionismo (tutti gli – ismi vanno sempre accolti in modo critico!), ossia del paradigma secondo cui l’evoluzione biologica consisterebbe né più né meno che in un mero processo di “discendenza con modificazione da progenitura comune”, cioè implicante la connessione ereditaria diretta e la spiegazione con gli antecedenti, e perciò descrivibile semplicemente – come hanno creduto Lamarck, Erasmus e Charles Darwin e tutti i loro epigoni – tramite il canonico modello lineare dell’albero genealogico. In piena conformità con la logica di tipo ordinario, insomma, l’evoluzione della vita non sarebbe altro che il risultato di un processo deterministico-causale svolgentesi all’insegna della continuità, della diacronicità (post hoc, ergo propter hoc), della località e della divergenza».

Perché secondo lei l’evoluzionismo è sbagliato?

«La Paleontologia dimostra il contrario – e qui risiede il suo secondo formidabile e fondamentale contributo alle scienze della natura – ci presenta un panorama inaspettato e sconcertante ove dominano la discontinuità, l’interazione non-lineare, la sincronicità, la non-località e la convergenza. Per dirla in modo più terra-terra: gli ipotetici alberi genealogici che dovrebbero descrivere l’evoluzione delle forme di vita sulla Terra si presentano sistematicamente… con i rami amputati! La miriade di punti di ramificazione che dovrebbero corrispondere ai progenitori comuni (i famosi “anelli di congiunzione”) postulati dagli evoluzionisti rivela, insomma, di essere né più né meno come l’araba fenice: “che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa”. E poiché questo quadro vale per tutti i gruppi viventi, sarebbe davvero anomalo aspettarsi che soltanto il genere umano vi faccia eccezione».

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