di David Colzi. Foto: Gabriele Bellini
marzo 2019
Cari uomini, siate sinceri; ogni qualvolta vedete qualche Prova Speciale di rally sullo sterrato, con quei bolidi che volano alzando nugoli di polvere, pensate tutti la stessa cosa (me compreso): Troppo ganzo! Eppure questo sport non si riduce solo a motori rombanti e ad acrobazie in stile “Hazzard”, ma è fatto di tanta preparazione, soprattutto fisica e mentale, e tanto studio… sì, avete letto proprio bene.
A farci conoscere questo mondo oltre i soliti luoghi comuni c’è Simone Baroncelli, classe 1994, pilota amatoriale di rally, che sta cercando di trasformare questa sua passione in qualcosa di più, viste le sue qualità già riconosciute dagli addetti ai lavori. Questo ragazzone alto un metro e novantatré, nella vita di tutti i giorni lavora come geometra amministratore di condomino presso uno studio, ma il fine settimana lo dedica solo al rally, supportato da babbo Riccardo, anche lui pilota, e da mamma Cinzia, con un passato di copilota al fianco del marito e non solo. Quindi non è difficile trovare l’origine dell’interesse di Simone per questo sport, ma il babbo, proprio per fargli capire che non basta la patente di guida per fare il rallysta, lo ha tenuto per ben due anni lontano dalle gare, mostrandogli prima di tutto ciò che c’è intorno ad una macchina da gara, che richiede conoscenze ben diverse rispetto ad una normale auto; poi gli ha mostrato come funzionano il reparto assistenza, la logistica, le tabelle, le ricognizioni e via di seguito.
Simone oggi si sta specializzando alla guida su terra (o fondo sterrato), una superficie più insidiosa rispetto all’asfalto, la cui conformazione può cambiare ogni momento durante la gara, basta che la macchina precedente abbia smosso dei sassi spostandoli in mezzo alla pista, oppure abbia creato degli avvallamenti con una sgommata: «In quei casi il mio passato da tennista mi torna molto utile,» dice Simone «perché l’esperienza maturata in quello sport mi permette di ragionare in fretta e trovare subito la soluzione, proprio come quando ti vedi arrivare addosso la pallina lanciata dall’avversario». Quella dello sterrato è una scelta che non molti giovani fanno, perché si preferisce gareggiare sull’asfalto, che offre più soddisfazione nel breve termine: «Ma il mio obiettivo è quello di migliorarmi in un percorso sportivo fatto a tappe. Appena riuscirò a padroneggiare bene i terreni a scarsa aderenza, proverò anche l’asfalto». E a proposito di scarsa aderenza, Simone, una volta l’anno, va a Livigno in Lombardia per gareggiare su ghiaccio. Lì, nel 2017, come premio per essere risultato fra i 3 migliori Under 25 all’interno del “Challenge Raceday Rally”, ha partecipato ad un stage con il mitico Gigi Galli.
Ma noi siamo a caccia di curiosità, e la prima che apprendiamo è che guidare un auto su sterrato, comporta avere sempre i finestrini chiusi, per ovvi motivi di sicurezza. Partendo da qui, immaginate quanto possa salire la temperatura corporea di una persona che gareggia in un giorno qualsiasi di giugno o luglio, avendo addosso sottotuta, tuta ignifuga, sottocasco, casco, guanti, sedile avvolgente e infine una cintura a cinque punti (tenendo presente che l’auto da corsa, di per sé, emana molto calore): «In estate dentro l’abitacolo si arriva ben oltre i 40 gradi» ci rivela Simone.
Si dirà: le cose andranno meglio in autunno, oppure quando si gareggia su ghiaccio. Non è detto, perché ad esempio quando piove, i vetri interni si appannano, quindi viene sparata aria calda dentro l’abitacolo per tenere il lunotto libero, e anche se non si raggiungono le temperature estive, si fanno comunque delle belle sudate! «Per questo è importante allenarsi costantemente in palestra,» puntualizza Simone «così da abituare il corpo a resistere a situazioni di forte tensione e a mantenere la mente lucida. Poi va ricordato che pilotare un’auto da rally, anche solo per 20 chilometri, è faticoso, perché non ha la guida morbida come una vettura normale». Anche lo stress psicologico gioca un importante ruolo, perché la gara si compone di diverse prove e le auto si devono trovare nei luoghi prestabiliti rispettando l’orario al minuto; arrivare dopo, oppure prima, comporta punti di penalità. «Le cose si complicano quando, per spostarsi da un posto ad un altro, si deve passare in luoghi angusti tipo piccoli borghi; in quel caso un possibile ritardo può non dipendere da te» dice Simone. A tutto questo vanno sommate le infinite regole da rispettare, che bisogna conoscere a menadito per non incappare in severe penalità.
Dopo aver appreso tutte queste nozioni, facciamo un grosso in bocca al lupo a Simone Baroncelli, che in questo 2019, dopo due annate particolarmente sfortunate, parteciperà al “Campionato Italiano Rally Terra”, con le sue cinque gare che lo porteranno in giro per l’Italia, arrivando fino in Sardegna, che sarà anche tappa del Mondiale, quindi vi parteciperanno i piloti migliori in circolazione. La sua scuderia sarà sempre la “Jolly Racing Team”, e l’auto una Peugeot 208 a 2 ruote motrici. Babbo e mamma sono pronti a seguirlo, come sempre.