di Marco Bagnoli
dicembre 2013
In attesa che come sempre il Natale ci faccia diventare tutti più buoni, siamo scesi a cercare un po’ d’Africa in giardino. Complice il freddo non si vede né il leone né il baobab, ma niente paura, un qualcosa d’esotico lo si trova sempre, anche a Montale, anche a dicembre. Per esempio Totemaju. Totemaju è un’associazione no-profit a carattere sportivo e culturale; nei suoi locali di via Masini 101/c vengono organizzati corsi settimanali di danza egiziana, danze popolari teatralizzate, flamenco, danza gioco per bambini, danza contemporanea, percussioni mediorientali e del sud Italia, mentre nei week end si dedicano allo stage delle attività più disparate, dalla danza indiana alle danze gipsy dei Balcani, dal burlesque all’espressività teatrale, la danza hula polinesiana e quella butoh giapponese. Totemaju nasce a Prato nell’ottobre 2007, per poi trasferirsi qua da noi l’anno seguente; artefici dell’operazione sono Ester D’Argerio, la presidentessa, Arianna Berti, vicepresidente e Francesco Corrieri, l’indispensabile finanziatore di tutta l’idea. A Ester, abbiamo fatto qualche domanda.
Com’è nata la vocazione per queste discipline?
Ho avvicinato la danza egiziana per curare un mal di schiena posturale: accedere ad una cultura “altra”, ha innescato in me il bisogno di approfondirne la conoscenza, finendo poi per allargare la curiosità alle tradizioni dell’intero bacino mediterraneo – comprese ovviamente quelle del sud Italia. In realtà questo tipo di ricerca andava ad appagare una necessità di appartenenza, compensando un forte senso di sradicamento, essendo la mia famiglia emigrante da 3 generazioni. Arianna, sportiva e appassionata di musica ha cominciato come mia allieva per diventare quasi subito, per doti innate e caratteriali, una solida e capace collaboratrice; mi affianca negli studi, nell’insegnamento, nelle performance – mai fotocopia dell’insegnante, ma sempre con la sua potente personalità. Francesco è figlio di una gloria del ciclismo, nipote di un calciatore, quindi viene dal mondo dello sport: è l’indispensabile factotum, il responsabile della sede e dell’amministrazione; è il mio compagno di vita ed ha abbracciato il mio sogno con entusiasmo. Quindi i 15 anni di Totemaju sono una storia d’amore e una grande amicizia.
In cosa vi differenziate dalle altre realtà?
Ovviamente nello statuto associativo, che prevede una partecipazione attiva di tutti gli associati, e nella gestione del tempo: le nostre attività non si succedono strettamente l’una all’altra, ma abbiamo tempi morbidi nei quali rilassarsi con un tè e qualche chiacchiera. La nostra associazione privilegia la relazione umana piuttosto che i grandi numeri, ed avendo una piccola sede i gruppi non numerosi di allievi sono seguiti con attenzione individuale. È questo il nostro valore aggiunto. Anche nella selezione degli insegnanti, oltre alla àlta professionalità facciamo attenzione all’integrità morale e alle attitudini empatiche, proprio per mantenere Totemaju un luogo in cui prima ancora di qualsivoglia disciplina sia praticata la lealtà e il rispetto di sé e degli altri.
Perché avete deciso di affiancare le arti sceniche alla danza?
La danza esprime al meglio il patrimonio culturale dell’uomo – studiarle, condividerle e sperimentarle ci aiuta a entrare nei panni dell’altro, sia che viva intorno a noi, sia che si trovi dall’altra parte del mondo – io sono figlia di un’americana e nipote di emigranti italiani, a mia volta ho lasciato giovanissima la famiglia e il luogo di nascita, quindi la tematica dell’individuo e dell’integrazione le sento particolarmente. Le arti sceniche rimandano al teatro, il luogo della rappresentazione di sé e dell’altro: racconta storie attraverso le quali indagare la complessità umana.
Cosa significa esattamente Totemaju?
E’ una parola inventata che fa pensare a luoghi lontani ancora sconosciuti…