Alberto Bonti – vivere senza cellulare

Alberto Bonti – vivere senza cellulare

di David Colzi

marzo 2019

Cari lettori, secondo voi oggi si può vivere senza cellulare? Sicuramente penserete di no, ma stiamo per portare alla vostra attenzione una persona che, per scelta di vita, non solo non ne possiede uno, ma, cosa ancora più importante, usa la tecnologia con molta parsimonia, solo per lavoro. Pensate un po’: riesce a vivere lo stesso! Non si tratta di una persona anziana, né di un eremita che vive sperduto tra le montagne, bensì di un nostro concittadino, Alberto Bonti, classe 1961, ragioniere, che nella vita di tutti i giorni svolge un lavoro normale, presso la società Dea Srl di Olmi nel reparto amministrativo. Cominciamo a scandagliare la sua vita per capire come riesce- e di riflesso come facevamo noi fino a una ventina di anni fa – a vivere senza telefonino.

Come mai questa decisione? 

«La mia è semplicemente una scelta di libertà» esordisce sorridendo Alberto; «non è per passare da snob o per polemizzare sulla modernità, anche perché io lavoro col computer, consulto internet e uso regolarmente la mail». 

Per parlare con te, come si fa? 

«Chi mi vuole, sa che quando sono a lavoro ho un numero interno a cui rispondo personalmente, mentre quando sono a casa, c’è il fisso, quindi a conti fatti sono reperibile quasi sempre durante il giorno».

Con il lavoro che fai, sei un privilegiato.

«Hai pienamente ragione! Infatti capisco che un medico o un rappresentante abbiano bisogno di un cellulare per essere rintracciabili, però è anche vero che la maggior parte delle volte, i cellulari non si usano solo per necessità o per lavoro».

Rimanendo in tema lavoro, saprai certamente che un cellulare è utile per tanti motivi, ad esempio ci puoi tenere dentro la tua agenda.

«Io ho un’agenda cartacea come usava una volta e gli appuntamenti li scrivo tutti a mano».

Saprai anche che oggi tutti viviamo con l’ansia da reperibilità e se ritardiamo di dieci minuti ad un appuntamento, inviamo subito un “messaggino” per informare che stiamo arrivando; tu cosa fai?

«Fino a poco tempo fa usavo le schede prepagate per le cabine telefoniche, ma ormai di cabine non ce ne sono più, quindi…»

I tuoi cari cosa dicono?

«Si sono rassegnati dopo avermi regalato negli anni ben tre telefonini, che sono sempre rimasti nella scatola. Pensa che ci sono alcuni amici convinti che io abbia un cellulare il cui numero lo do solo a pochi intimi!»

So che le tue figlie e tua moglie, sono “connesse” con la modernità…

«Io lascio la massima libertà a tutti, però, ad esempio, quando ci ritroviamo a tavola i cellulari si tengono lontani e si parla».

Quindi vivi senza i “messaggini” di Whatsapp,   senza i “giochini” del telefonino, senza le app che ti informano sulle più svariate cose e senza i social network per sapere cosa ha mangiato il tuo amico al ristorante, oppure dove è stato in vacanza; insomma, sei un extraterrestre!?

«Ti dirò di più: a casa non ho neanche il computer, perché preferisco leggere un quotidiano, un libro o magari vedere qualche programma in televisione». 

E come ti comporti quando ti ritrovi con i tuoi amici, magari a mangiare una pizza, e li vedi intenti a consultare lo smartphone?

«Rido e ci ironizzo su, perché, ripeto, non sono un paladino dell’anti-cellulare; anzi capisco che, avendolo, non si può fare a meno di messaggiare con i propri figli per sapere dove sono, oppure vedere chi ti ha scritto in chat. Forse è anche per questo che non ne voglio uno, perché sicuramente ne diventerei dipendente come tutti».

Quindi sei proprio incorruttibile.

(sorride) «Mi piace il contatto diretto, parlare con gli altri viso a viso, e se devo fare gli auguri di compleanno a una persona, anziché inviargli un’immagine presa da internet con la frase già confezionata, preferisco alzare la cornetta e chiamarla».

Ma a conti fatti è così terribile lo smartphone?

«Mi metterebbe ansia l’idea di essere “inseguito” 24 ore su 24, soprattutto quando esco per fare una passeggiata, magari in compagnia della mia cagnolina Britta, oppure quando vado a correre; insomma è bello di tanto in tanto far perdere le proprie tracce ed essere libero, anche solo per mezz’ora, stando un po’ soli con se stessi e con i propri pensieri».

Quella di Alberto Bonti può sembrare una vita anacronistica, a tratti addirittura estrema, però ci fa riflettere su come ci siamo lasciati cambiare dalla tecnologia, soprattutto nel nostro quotidiano e, ancor peggio, nel poco tempo libero che abbiamo a disposizione. Forse è vero che non si può più tornare indietro, però possiamo ritagliare per noi dei piccoli momenti di libertà, proprio come ci suggerisce Alberto. Quindi iniziamo col lasciare il cellulare lontano dalla tavola quando ci ritroviamo con i nostri cari, e la sera, invece di “spippolare” lo smartphone prima di addormentarci, lasciamoci cullare dalle pagine di un buon libro; sicuramente il giorno dopo ci sveglieremo un pochino più rilassati e felici.

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