di Massimo Cappelli
dicembre 2018
In questo numero, NoiDiQua si appresta a celebrare un altro sportivo quarratino, Alberto Malusci ex calciatore di serie A, che a soli diciassette anni giocava in prima squadra nella Fiorentina. Ci siamo fatti raccontare la sua storia.
Raccontami il tuo percorso…
Volentieri. Sono nato nel 1972 e all’età di nove anni iniziai a giocare nella A.C. Bottegone, i miei vengono da lì e in quella Società giocavano anche i miei fratelli più grandi. A dodici anni fui visionato dalla Fiorentina e presi la via di Firenze portando avanti lì scuola e calcio. Per quattro anni ho giocato nei giovanissimi della Fiorentina, poi negli allievi dove, nel 1988, abbiamo vinto il campionato italiano. Dopo questa vittoria portarono cinque di noi in ritiro con la prima squadra. Eravamo entusiasti ma anche consapevoli che dopo il ritiro saremmo tornati a giocare nella Primavera, era il 1989. Quasi a fine ritiro Mister Giorgi mi invitò fare un torneo con la prima squadra e fu lì che con grande stupore e incredulità appresi che ero effettivo; poco tempo dopo, con i miei genitori e il direttore sportivo firmammo il primo contratto. Il 22 Ottobre del 1989, fra la mia felicità e di tutta la mia famiglia (mio padre falegname e mia madre casalinga) ci fu il debutto in serie A. Il mio ruolo è stato sempre difensore centrale, con orgoglio posso dire di aver fatto una bella carriera, che mi sono fatto da solo, soltanto con le doti che natura mi ha dato.
Parlami della tua amicizia con Batistuta.
Abbiamo giocato assieme quattro anni, siamo stati amici di spogliatoio: un ragazzo di un’umiltà unica, è stato un esempio per tutti. Quando arrivò a Firenze era un calciatore da rivedere dal lato tecnico, aveva solo una grande potenza che là davanti faceva la differenza. Ha fatto un grande lavoro su se stesso con grande determinazione rimanendo in campo anche dopo gli allenamenti, in questo lo ha spinto la “fame”: lui voleva, diventare Batistuta, e c’è riuscito.
La soddisfazione e la delusione più grandi?
La più grande soddisfazione è quella di un ragazzo che già da la giovanissimo ha la fortuna di giocare in una grande squadra nel grande spettacolo del calcio. La più grande delusione invece quando sono andato via. Nel calcio, come nella vita, non è tutto rose e fiori, e a tal proposito ho un aneddoto da raccontare. Purtroppo il 24 maggio 1992 a sette minuti dalla fine di Parma-Fiorentina ho subìto la frattura della tibia e sono stato fermo quindici mesi. In quei sette minuti mi sono “giocato” semifinale e finale dei campionati europei e mi sono perso le Olimpiadi. Mi fecero fare riabilitazione con il professore e due fisioterapisti per essere rimesso in forma. Ripresi a giocare, e qualche anno dopo, nel 1996 ebbi una brutta ernia del disco che mi costrinse a fermarmi di nuovo. Quando venne il momento di recuperare con la rieducazione, il professore, invece di farmi seguire da due fisioterapisti come due anni prima, mi stilò un programmino facendomi fare tutto da solo. Da lì capii che era ora di far festa. Quell’anno la Fiorentina vinse la Coppa Italia, io non sono nemmeno nelle foto, rimasi in panchina a piangere come un bambino perché credevo che la mia storia sotto i riflettori del grande calcio fosse finita. La delusone è stata grande a tal punto di decidere andar via da Firenze. Dopo Firenze ho fatto esperienza all’estero con il Marsiglia, sono stato lì per un anno e mezzo. Dopo aver fatto un discreto rendimento nel Marsiglia rientrai in Italia ma non trovai accoglienza in nessuna squadra di serie A. Visto che nel massimo campionato non c’era più spazio per me mi allenavo con mio fratello nel Montecarlo, a Lucca. A dicembre del 1998 mi chiamò il Foggia, poi mi volle il Cosenza in serie B dove feci due anni con un campionato strepitoso, poi ho giocato a Lecce in A e due anni e Catania in B. Dopo aver chiuso di nuovo con le squadre italiane, nel 2003 andai a Mons, in Belgio, dove allenava Sergio Brio. Nel 2004 a Bruxselles poi tornai a Mons, ero già in là con gli anni e devastato da altri infortuni. Tornai quindi in Italia in serie C1 a San Giovanni Valdarno dove ho fatto tre mesi. Prima di ritirarmi definitivamente a trentacinque anni, ho finito in eccellenza, a Quarrata, nel 2007; anche se poi ho giocato per diletto qualche anno nell’UISP per tenermi in forma.
Cosa stai facendo oggi, lavori ancora nel calcio?
Sì, ho iniziato nel 2008 a Ramini, dove mi invitarono a provare ad allenare i ragazzi, sono rimasto a Ramini quattro anni. Il primo giorno che arrivai mi fecero stare con sette o otto bambini di sei anni con i quali mi trovai molto imbarazzato non sapendo cosa fare, come comportarmi; fu questa la spinta per fare formazione da allenatore, mi sono documentato come si lavora con i giovanissimi, ho studiato, ho preso il patentino e oggi alleno per professione gestendo anche fino a duecentosessanta ragazzi nei miei campi estivi a Lizzano Belvedere. Dopo aver iniziato il mio percorso di allenatore incontrai il presidente di una Società fiorentina, Lorenzo Bosi, che mi invitò a fare il responsabile di una scuola calcio, visto che eravamo in sintonia con i metodi, accettai. La Società era il Ponte a Greve (dalle parti di Scandicci) dopo qualche anno facemmo la fusione con la Rondinella e nacque il “Ponte Rondinella”; successivamente accogliemmo anche Olimpia Firenze, oggi sono al mio settimo anno di responsabile del settore giovanile; credo di aver apportato crescita perché quando arrivai erano in novanta e oggi sono centosettanta ragazzi.
Cosa vuoi dire ai tuoi concittadini?
Quarrata è un posto che porto sempre nel cuore, i miei genitori e fratelli abitano ancora lì, la città è a misura d’uomo e ci si vive bene. Ai quarratini cosa devo dire: buona vita a tutti. Vorrei salutare e ringraziare la mia famiglia originaria, babbo Antonio, mamma Rosa, i miei fratelli Luca e Riccardo, ho avuto una grande famiglia e devo dire che la nostra forza è la coesione. Ma non posso esimermi da presentare anche la mia splendida famiglia attuale; sono sposato con Sarita con la quale ho tre figli, studiano tutti e tre e sono molto bravi a scuola: Lisa, 18 anni, Alice 16 e il maschietto, Niccolò, di 12 anni il quale, anche lui, ha intrapreso la carriera da calciatore.