di Giacomo Bini
settembre 2014
Sta per scadere, il 30 settembre prossimo, il termine per presentare la domanda di rimborso a Publiacqua per la tariffa di depurazione che era stata messa in bolletta anche agli utenti che non erano allacciati al servizio. Risale al 2008 la sentenza della Corte Costituzionale che stabilisce l’incostituzionalità della richiesta di pagamento per chi non ha il servizio di depurazione e impone per i gestori, nel nostro caso a Publiacqua, di rimborsare la quota di tariffa non dovuta riferita al servizio di depurazione, al netto degli oneri deducibili (costi sostenuti dal gestore) e comprensiva degli interessi maturati. Sono passati sei anni e ancora la vicenda non è stata conclusa. Anzi è stata al centro di un putiferio di polemiche, che hanno coinvolto cittadini, pubbliche amministrazioni e naturalmente l’azienda di gestione Publiacqua. Si sarebbe portati a pensare, guidati dal buon senso, che se il gestore deve restituire dei soldi sulla base di una sentenza non faccia altro che eseguire il rimborso a stretto giro di posta. Invece così sarebbe troppo facile. Dunque, intanto dev’essere il cittadino a prendere l’iniziativa di chiedere il rimborso, accollandosi l’onere di compilare moduli e rispettare scadenze. Ma la complicazione, in questi anni dal 2008 ad oggi, è derivata dal fatto che gli stessi cittadini spesso non sapevano se erano o meno allacciati alla rete della depurazione. E soprattutto dal fatto che lo stesso ente gestore non era in grado, nel 2008, di stabilire chi tra gli utenti avesse o meno diritto alla depurazione. E’ stata necessaria una lunga indagine, da poco compiuta, da parte di Publiacqua, come ha detto il presidente della società Filippo Vannoni, «tombino per tombino» per appurare chi sono gli utenti allacciati e quelli non allacciati. E’ così accaduto che nel frattempo non tutti gli aventi diritto al rimborso hanno fatto domanda, e invece l’hanno presentata alcuni che non ne avevano diritto. L’azienda faceva verifiche caso per caso. Come è facile immaginare ci sono state polemiche infinite da parte degli utenti e di molte associazioni che lamentavano la macchinosità della procedura, gli errori dell’azienda e la scarsa entità del rimborso.
Solo da poco tempo Publiacqua ha concluso la sua indagine e ora ha messo a disposizione sul suo sito ufficiale uno spazio in cui, inserendo il codice utente, si può sapere se si ha diritto o meno al rimborso. Se la risposta del sistema è affermativa allora si può scaricare e compilare il modulo. Molti Comuni hanno anche messo a disposizione il loro servizio Urp per quei cittadini che non siano troppo pratici con i computer e la navigazione internet. Per chiarire la questione dei rimborsi si è tenuta una infuocata assemblea a Quarrrata al Polo Tecnologico a cui erano presenti, insieme al sindaco Mazzanti e all’assessore Romiti, anche i massimi dirigenti di Publiacqua compreso il presidente Filippo Vannoni.
Vicende come quella dei rimborsi per la depurazione non contribuiscono certo a migliorare la fiducia dei cittadini verso gli enti che gestiscono i servizi. Anche perché i gestori sono molto efficienti quando devono calcolare quello che il cittadino deve pagare ma non lo sono altrettanto quando devo restituire i soldi.