di Daniela Gori
marzo 2022
Arianna Fibers: quando a volte ritrovare un vecchio compagno di scuola può dare origine a un’impresa innovativa che favorisca l’ecosistema.
Tutto è partito dall’incontro casuale di due giovani ex compagni di scuola, Daniele Bonacchi e Emiliano Ferroni, che i percorsi di studi e i fatti della vita avevano portato in direzioni diverse. Daniele, divenuto chimico, con un dottorato in scienze e tecnologie di materiali, aveva maturato una notevole esperienza lavorando in questo ambito per varie aziende, compresa una multinazionale svizzera. Emiliano invece si era formato in ambito economico. «Così per caso, Emiliano mi ha accennato a un bando per l’innovazione della Fondazione Caript» racconta oggi Daniele «da lì ci è venuta l’idea di tentare e dare vita a un progetto incentrato sulla sostenibilità, ovvero produrre un additivo a base di fibre naturali. La Fondazione Caript ha apprezzato l’idea e tramite il bando che abbiamo vinto, ci ha finanziato la start up».
Era l’aprile 2019, e da allora Arianna Fibers ha mosso i suoi passi trovando innanzitutto una sede. «A Valenzatico in Via del Castellino, abbiamo trovato questo stabile che faceva al caso nostro, anche se noi non siamo di Quarrata» spiega Daniele «e abbiamo iniziato a lavorare. Adesso abbiamo al nostro attivo collaborazioni con Università di Pisa (dip. Ingegneria Civile), l’Università di Bologna (dip. Ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e dei Materiali, con l’Ufficio brevetti Bugnon e una rete di vendita, soprattutto all’estero. Il principio di base è che grazie ad un processo innovativo è possibile produrre fibre naturali in una forma utilizzabile in un processo plastico tradizionale superando le limitazioni attuali. L’idea principale è produrre da fonti rinnovabili come le biomasse additivi per plastica favorendo l’economia circolare e prevenendo il cambiamento climatico (riduzione emissione Co2)».
Praticamente, per dirla in modo più comprensibile anche per i non addetti ai lavori, gli oggetti di uso comune, i contenitori, i giocattoli, addirittura le lettiere per i gatti, insomma tutto ciò che è di plastica, può essere prodotto con un materiale che ha al suo interno una percentuale di sostanze organiche, rinnovabili, per esempio i gusci della frutta secca, o le fibre di scarto di vegetali. Un modo diverso di intendere dunque l’economia circolare per quanto riguarda le plastiche, che normalmente sono destinate invece alla raccolta e al riciclo. «Questo approccio è innovativo infatti» sottolinea Daniele «ma può trovare comunque moltissimi impieghi anche sul territorio. Per esempio stiamo pensando alla realizzazione di coloranti prodotti riciclando materiali naturali che potrebbe essere utilizzato nell’industria del mobile, della vasetteria, ma anche a una nuova formula per produrre un tipo di tessuto per abbigliamento che assomigli alla pelle, con una percentuale di torsoli di mela. L’importante è riciclare sì, ma senza inquinare, perché questa è la vera sostenibilità per aiutare il pianeta».