di Carlo Rossetti
giugno 2017
C’è in tutti noi il desiderio e la necessità di esternare sentimenti, pensieri e stati d’animo. Si può fare verbalmente, attraverso la scrittura o l’arte, qualunque essa sia. Athos Venturi ha scelto per raccontare e raccontarsi un mezzo ideale per eccellenza, la poesia, una delle forme più elevate dell’espressione umana.
Da molto tempo Athos si dedica alla poesia, ma lo fa così senza particolari ambizioni, semplicemente per esaudire il bisogno di dire certe cose e come intelligente impiego del tempo libero. Nelle soste che il suo lavoro artigianale gli ha consentito, ha sfruttato questa sua capacità di autodidatta per dar voce alla sua vocazione. Nonostante scriva poesie da parecchi anni, la modestia non gli ha fatto mai pensare alla possibilità di pubblicarle. Fino a ora poche persone hanno letto le sue creazioni; i familiari certo e forse qualche amico. Perciò siamo lieti di essere noi a presentarlo a quanti non lo conoscono sotto questo aspetto e farlo apprezzare come poeta.
Poesie le sue di facile lettura, ma non per questo banali, di cui è sempre chiaro il significato, a differenza di certa produzione odierna di cui talvolta è difficile capirne il senso. Athos ricorre alla rima baciata o alternata, così come è sempre stata intesa la poesia, prima che fosse eliminata per un nuovo linguaggio o come facile scappatoia. Nonostante che alla base dello scrivere ci sia il divertimento, non per questo Athos rinuncia a riflessioni e a pensieri che costituiscono il contenuto delle sue opere.
La realtà
Là dove la forza bruta infierisce
tanti erano i giusti e or nessuno
inneggio all’amor che i cuori unisce
L’uguale sia per tutti e non per uno
da nulla si può ricominciare
La mia generazione qui finisce
e non riesco più a comunicare
L’orgoglio di ognuno lo ferisce
vorrei sapere prima di pensare
e prevenir tutto l’imprevisto
mi sentirei allora di volare
e vedere tutto quello che non ho visto
crederei a tutto quello che han promesso
a una vita tranquilla e regolare
mi sentirei uomo e non fesso
Veder la realtà senza sognare
ma nulla di tutto c’è permesso
Nessuno conosce la propria sorte
La realtà che c’è concesso
a ognuno di noi la propria morte
e quando la mia carne sarà stesa
e la mia anima brancolerà nel vuoto
mi auguro di trovar la mano tesa
di colui che ora mi è ignoto
L’albero
Tu che a questa terra
non ci hai fatto torto
senza aver sostegno nè conforto
da tutti incompreso e maltrattato
Porti il proprio peso con bravura
mai e nessuno calpestato
premuroso di tutta la natura
che per secoli hai sempre rispettato
Non mostri violenza nè artiglio
in mezzo a noi sei piantato
consideri l’uomo il proprio figlio
ed ogni capriccio perdonato
Rispettoso al volere del divino
che tanta bontà ti ha donato
Porgo la fronte e il capo chino
che a entrambi sono grato