a cura di Massimo Cappelli
marzo 2018
Ho chiesto un ricordo di Benito sul gruppo di Facebook “Sei di Quarrata se…” Mi scuso con coloro che non sono stati pubblicati per evidenti problemi di spazio.
Marcello Muccelli
Un pomeriggio primaverile, ero seduto sul mio “vespino” in piazza, e stavo chiacchierando con un gruppo di ragazzi fantasticando sul futuro e sulla possibilità di cambiare il mondo. Dalla strettoia dove c’era il Cinema Moderno, vedo arrivare Benito con la sua carrozzina color granata e con lo stendardo del Torino sul manubrio. Si avvicina a noi, smette di girare quella manovella e ci dice: «Nnn ccc iaaai?».* Era la prima volta che lo sentivo parlare, vidi i ragazzi più grandi frugarsi in tasca e tirar fuori degli spiccioli. Così capii che quello che aveva detto significava «Non è che c’hai delle monete?». Allora anch’io racimolai dalla tasca una considerevole percentuale della mia “paghetta”. Lui, messi gli spiccioli in un sacchetto contenente tanti pacchetti di sigarette vuoti, riempiti di monete, si rimise in movimento, azionando, lentamente, la manovella del suo mezzo.
(*Ndr: intorno agli anni Ottanta, Benito, ogni giorno, raccoglieva degli spiccioli, pare, non solo per sé, ma anche per fare beneficenza).
Maurizio Buda
Non aveva l’uso delle gambe, ma nelle mani aveva una forza incredibile. Un giorno al Bar Ferrari (mi pare) passando di notte con la sua carrozzina vide dei ladri dentro. Ad uno di loro che gli passò davanti, agguantò un braccio e non lo lasciò fino all’arrivo dei Carabinieri.
Roberto Chiti, ex calciatore serie A
Ricordo la felicità sfogata in un abbraccio infinito, quando gli regalai la maglia di un calciatore del suo Toro.
Leonardo Innocenti
Un grande tifoso del Torino tanto da far colorare la carrozzina tutta color granata riempita poi, di figurine e gagliardetti del Torino. Benito era il terrore degli juventini che avevano la loro auto in sosta per un lungo periodo! Quando verso la fine degli anni ‘80 iniziavo a fare tardi la sera (o presto la mattina) lo trovavo fermo con la carrozzina in piazza Risorgimento, proprio in cima al viale Montalbano rivolto verso Olmi. Stava lì fino alle prime ore del mattino. A Quarrata, Benito, era conosciuto da tutti, e immancabilmente, se volevi sentirgli fare una pernacchia dovevi semplicemente dire le paroline magiche: «Benito, forza Juve!»
Manuela Innocenti
Mi aspettava alle sette la mattina davanti a lavoro, sapendo che avevo lasciato il fidanzato inveiva contro di lui. E come si arrabbiava!
Siriana Malinconi
Per cinque anni è venuto ad aspettarmi alla fermata dell’autobus per accompagnarmi a casa; fino a che la mia mamma non veniva sulla porta e gli diceva: «Grazie Benito», lui non se ne andava. Era semplicemente un grande. Quando mi sono sposata sono andata ad abitare nella sua stessa via, tutti i giorni veniva sotto casa mi chiamava a squarciagola fino a quando non mi affacciavo al balcone. Poi mi chiedeva: «Siriana come stai?». Quando poi si è ammalato e non ce la faceva più a parlare io sapevo l’ora in cui sarebbe passato, allora scendevo in strada e gli dicevo, «Benito non ti preoccupare io sto bene». Avrei tante altre cose da raccontare. Non nascondo che quando è venuto a mancare, per diverse volte mi capitava di andare sul terrazzo come se lui fosse sempre lì ad aspettarmi. Anche adesso a distanza di parecchi anni quando vado al cimitero non posso fare a meno di andarlo a salutare.
Debora Sardi
Perché quando faceva la pipi nei sacchetti e li attaccava allo specchietto delle auto degli juventini?
Ila Mazzei
Di ricordi ne ho tantissimi, ma il più divertente che porto nel cuore è uno: con il mio ex marito abitavamo in via San Paolo, e Benito abitava lì vicino, spesso lo incontravamo in via San Lorenzo all’inizio della salita che chiedeva aiuto perché con le sole braccia non ce la faceva. Franco scendeva, lo spingeva e Benito lo guardava e invece di ringraziarlo gli diceva… «Baaallotto» (Ballotto era il soprannome di Franco) «fanculo te e la Juve!»
Riccardo Imbriaco
Una caratteristica di Benito era di chiudere tutti gli specchietti retrovisori laterali alle auto parcheggiate, però a chi era della Juve no. Se non sbaglio è stato raccontato anche su un libro dal titolo “Oltre il Granata”.
Loretta Zaccaria
Quando abitavo in centro una volta mi disse: «Non vai in vacanza? Vai, vai che ai ladri ci penso io». Era un mito, lo ricordo ancora con tanta tenerezza e quando vado a Santallemura passo sempre a fargli un saluto. Grande Benito.
Gianluca Caramelli
Io, al Bar Nazionale gli facevo, per giocare, le radiocronache del campionato e naturalmente facevo sempre perdere la Juve e vincere il Toro. Lui si alzava quasi dalla carrozzina. Benito mi voleva bene perché io avevo uno zio, Ovidio Giuntini, che negli anni ‘70 e ‘80 era presidente della squadra del Moncalieri che è una cittadina alle porte di Torino. Era commerciante di biancheria e si era trasferito in Piemonte negli anni ‘60. Più di una volta ha portato Benito all’allenamento del Toro facendogli conoscere i giocatori. Benito penso volesse più bene a lui che a suo fratello.
Gabriella Mantellassi
Venne a cena a casa mia e volle salire le scale da solo attaccandosi alla ringhiera con le mani forti come tenaglie. Io avevo paura che tirasse giù tutto. A tavola doveva stare su un angolo perché nel portare la forchetta alla bocca faceva un movimento che alzava la gamba tutta rigida. Non riesco a spiegare bene ma era uno spettacolo. Infilava un cannellone per volta. Fu una serata memorabile piena di risate, certamente mio fratello Paolo se la ricorda. Quando Paolo ebbe un brutto incidente passava sotto la sua finestra e urlava alla sua maniera: «Paaaooolooo toooome staaaai?». Lo ricordo in tanti momenti. Certamente rimarrà nella memoria di tanti.
Silvia Bonacchi
Veniva sempre a trovare il mio babbo a casa e se gli offriva qualcosa si doveva rassicurare che niente fosse legato in qualche modo alla Juve, per esempio non mangiava i Pavesini perché faceva la pubblicità il «Beeellooo» (Antonio Cabrini). Niente di cucinato o conservato in cucine o frigo Ignis, perché allora era sponsor della Juve. E una volta che il mio babbo gli offrì un gelato crema e cioccolato gli toccò levare la cioccolata perché altrimenti era bianconero. Un giorno venne a trovarci che io ero ferma a causa di un versamento ad un ginocchio, il giorno dopo tornò con una scatola di cioccolatini è mi disse: «Riguardati». Anche al mio babbo diceva: «Tran tran tranquillo a a a lei ci penso iiiiio». Poi mi fidanzai con uno juventino e lui mi rimproverava. Grande Benito un abbraccio ovunque tu sia.
Rachele Mantellassi
Era anche un grande mangiatore. Fu portato a cena da un gruppo del Bar Pineta, tra cui il mio babbo. Mentre gli riempivano il piatto di antipasto a buffet lui si fece fuori un intero vassoio di prosciutto. Tante notti le ha passate dentro il ristorante Glu Glu di Andrea, alla TV, con un vassoio di patatine fritte.
Claudio Petracchi
…E quando lo videro passare “a tutto foco” con il cane legato alla carrozzina che rincorreva un gatto?
Lido Vannelli
Nel 1970, in cima a via Montalbano era quasi sempre presente, se tornavi verso mezzanotte e mezza, o l’una di notte, sembrava un vigile. Sapeva quasi tutto, su spostamenti e giri vari. Un Simbolo per Quarrata.”
Annalisa Innocenti
Il mio babbo frequentava il bar la Pineta ed era suo amico… quando nel 1978 nacque mia sorella, mi ricordo che Benito venne a casa nostra e le portò un regalo: una tutina bianca della Stellina… me lo ricordo come se fosse ora! Grande Benito!
Questo era Benito. Come si può dedurre da queste testimonianze, era amato da molti e anche lui voleva bene a tutti, o meglio, a chiunque non tifasse Juve. Morì nel 1993 a soli cinquantasette anni, a causa di un cancro, e pochi anni dopo, Cristiano Menicacci gli dedicò una biografia da titolo, “Oltre il granata – la forza di vivere”. Nel 1997 ci lasciò anche suo fratello Brunello. Benito è stato indubbiamente un personaggio per Quarrata e come ogni persona famosa è passibile di leggende e mistificazioni. Leggende come il racconto di quando ci fu bisogno di sangue per uno dei suoi ultimi interventi; appartenendo allo stesso gruppo sanguigno chiesero una donazione a suo fratello. Appena lui lo seppe, rispose che sarebbe più volentieri morto, piuttosto che avere il sangue da uno juventino. Negli anni Sessanta Brunello era stato anche allenatore del Quarrata. Qualche anno dopo la morte di entrambi, la giunta di allora decise di dedicare le tribune appena ristrutturate ai fratelli Benito e Brunello Bucciantini. Secondo me si sarebbero meritati l’intitolazione di tutto lo stadio. Voi che ne pensate?