di Giacomo Bini
dicembre 2015
Bruno Cappellini (1920-2007) è stato una gloria dello sport quarratino e pistoiese che ha onorato la nostra terra a livello nazionale come calciatore di serie A, con la maglia del Palermo e del Genoa, e poi come allenatore della Pistoiese e del Quarrata. Insignito nel 2000 della Stella d’Argento del Coni, Cappellini è stato una figura esemplare di sportivo e di uomo, unendo alle doti atletiche e tecniche, anche il rigore morale e la coerenza nei principi.
Come calciatore si è formato nella Pistoiese dove, ad appena 18 anni, ha esordito in prima squadra, in serie C, nella stagione 1938/39. Era l’anno in cui l’Italia vinceva il suo secondo campionato del mondo e ad un giovane talento come Bruno, un terzino “ambidestro” di sicura prospettiva, si spalancavano le porte di una carriera luminosa.
Già molte squadre della serie maggiore lo tenevano d’occhio, come la Sampierdarenese (l’attuale Sampdoria) quando la sua ascesa fu bruscamente frenata dallo scoppio della guerra e dalla chiamata al servizio militare. Durante la guerra Cappellini giocò nella formazione dell’Aviazione, la cosiddetta Avioscuola di Palermo e poi in una singolare squadra di calciatori sfollati nel 1944 a Montecatini. Finito il secondo conflitto mondiale, Bruno Cappellini si prese finalmente il posto conforme al suo valore tecnico nella ricostituita serie A. Militò nel Palermo nell’annata 1945/46 e l’anno successivo si trovò a scegliere tra l’Inter e il Genoa, optando per la squadra del Grifone per il blasone dei suoi nove scudetti. Quelle in rossoblu furono due straordinarie stagioni in cui Cappellini giocò al fianco di campioni del calibro del mitico attaccante argentino Juan Carlos Verdeal. Il Genoa non lo ha mai dimenticato, invitandolo alla celebrazione del centenario nel 1993 ed emettendo un commosso comunicato di cordoglio alla sua morte nel 2007. Dopo i due anni a Genova ha giocato a Napoli e Brescia per poi concludere la sua carriera a Foggia. Appese le scarpette al chiodo è diventato allenatore, iniziando alla grande nel 52/53, quando vinse il campionato con la Pistoiese, riportandola in IV serie.
Nell’ultima partita sul campo del Tobbiana, con la squadra ridotta in dieci, Cappellini si rimise le scarpette ed entrò in campo segnando anche un gol. Stimato dalle personalità più importanti del calcio nazionale, fu osservatore per la Fiorentina di Bernardini, segnalando al club viola giocatori di valore come il portiere Giuliano Sarti. Il suo amore per la Pistoiese lo portò nel 1973/74, a ritornare sulla panchina arancione in un anno molto complicato in cui c’era da far rinascere da zero società e squadra. Cappellini fece la sua parte con passione e competenza, dimostrando anche il suo carattere di uomo tutto d’un pezzo e poco incline ai compromessi. Come allenatore era convinto si dovesse dare spazio ai giovani e dava una grande importanza al comportamento, alla correttezza e alla sportività. Mai espulso quando giocava, predicava anche dalla panchina il rispetto per gli avversari e per i direttori di gara. Quando guidava in trasferta le sue squadre, portava i calciatori a visitare chiese e musei e pretendeva compostezza e buona educazione in campo e fuori. Insegnava a calciare il pallone ma anche a vivere.