Carlo Spini

Carlo Spini

di Carlo Rossetti

marzo 2019

Una sottile vena ironica, appena percepibile nello sguardo e nel sorriso, diventa la prerogativa del suo colloquiare con gli amici. Il fare cortese e signorile sono di Carlo Spini, il suo biglietto da visita.

Nato e vissuto qui, è molto conosciuto per essere stato per lunghi anni dirigente della locale Banca di Credito Cooperativo di Vignole. Chi ha avuto bisogno di lui nell’ambito del suo lavoro, ha sempre trovato un interlocutore attento a soddisfare le esigenze del cliente. Prima del suo ingresso nel mondo bancario ha svolto molteplici attività. Venditore di libri porta a porta, barista, impiegato in una ditta di mobili tappezzati, quindi dipendente nella farmacia di Olmi per circa tre anni e mezzo. E’ qui che scopre di essere portato per questa attività che gli permette di essere in contatto con le persone e di risolvere le loro necessità, che si estrinsecano in interventi di natura infermieristica. Inoltre collabora con il medico che ha lo studio in comunicazione con la farmacia e che lo chiama per aiutarlo nei piccoli interventi chirurgici (ai tempi fatti tranquillamente in ambulatorio). Nel 1971 in conseguenza degli studi effettuati, viene assunto in banca presso la Cassa Rurale e Artigiana di Chiusi in Provincia di Siena. Quell’impiego non è soltanto il primo tassello di una brillante carriera ma costituisce un momento in cui la sua vita assume un’ulteriore, significativa svolta.

In banca si reca una bella ragazza del posto, per sbrigare operazioni bancarie per conto di un’azienda del luogo, di cui è impiegata. Va detto anche che Carlo è un giovane di bell’aspetto, dettaglio che non può sfuggire agli occhi della ragazza. Perciò Rosella, questo il suo nome, come può cerca di raggiungere il suo sportello lasciandosi passare avanti anche clienti arrivati dopo, pur di scambiare due chiacchiere tra un versamento e un cambio d’assegno. Carlo, a mezzobusto come un lettore di telegiornale, nulla fa rimpiangere degli attuali Francesco Giorgino e Alberto Matano. Si sa come vanno a finire certe cose; da una simpatia reciproca nasce un’amicizia che poco a poco si trasforma in un sentimento diverso, ben più profondo, che trova il suo suggello in un caldo pomeriggio d’estate del 1977, nella Chiesa di S. Francesco di Sarteano. Due anelli d’oro, deposti su cuscino bianco sopra un inginocchiatoio, stanno ad ammonire che nessuno ormai può tirarsi indietro, facendo finta “di non avere l’anulare”. Don Piergiorgio Baronti, in prestito dalla Parrocchia di Bottegone, benedice gli sposi e li dichiara solennemente MARITO e MOGLIE. Non dice altro, ma par di capire che il suo silenzio voglia dire: «Ora, ve la dovrete sbrigare voi». Portarsi da casa l’officiante per motivi d’amicizia, se non conoscessi Carlo, poteva significare anche la volontà di risparmiare sulla cerimonia, un po’ come chi va al ristorante e porta il vino da casa. Ero presente anch’io e mi commossi; mai avrei pensato in quel pomeriggio, sottolineato dal frinire estenuante di cicale infatuate della Val di Chiana, che la moglie di Carlo sarebbe diventata in seguito una mia valentissima collega d’ufficio. Quando si dice il destino dei Carli. Rosella gli regalerà due figlie Martina e Giulia, la prima delle quali lo farà diventare nonno, con l’arrivo di Sofia e Federico.

Nel 1973 ritorna a Quarrata e fa il suo ingresso alla Cassa Rurale e Artigiana di Vignole (ora Banca Alta Toscana). In questo Istituto ha ricoperto tutte le mansioni che gli hanno permesso di avanzare nella carriera fino al grado di dirigente. Nel 2008 va in pensione con il grado di Vicedirettore Generale. Nonostante il tempo necessario al lavoro, Carlo si dedica comunque alla vita delle istituzioni cittadine. E’ Socio fondatore del Lions Club Quarrata, Agliana, Pianura Pistoiese, del quale è stato Presidente in due diverse annate, socio dell’Accademia Italiana della Cucina, socio del gruppo culturale “La Lunetta”, socio del gruppo culturale “Agora” e volontario della Croce Rossa Italiana. Inoltre, nell’ambito delle Istituzioni politiche, è stato Consigliere comunale dal 1989 al 1994, come Capogruppo dell’allora Democrazia Cristiana, pur non avendo nessuna tessera di partito. Recente è la sua nomina a Presidente della “Mutua Banca Alta Toscana Ets-Mutua di Assistenza del Credito Cooperativo”, che va ad aggiungersi ai già numerosi incarichi. Non potevano mancare gli hobby, quali il cinema, i viaggi, il teatro.

E a proposito di teatro non si può tralasciare l’attività filodrammatica svolta da Carlo negli anni giovanili, incominciata in seno alla Compagnia di Vignole e continuata agli inizi degli anni Settanta nel Centro Teatrale Città di Quarrata, diretto da Vivaldo Matteoni con al fianco Millo Giannini, Quinto Tarocchi e Alberto Matteoni. Si può dire che Carlo Spini avrebbe potuto fare l’attore di professione, per il physique du role del ruolo dell’amoroso che possedeva e per l’attitudine alla recitazione, sia per la dizione che per l’impostazione vocale, prive di sbavature. Ho avuto il piacere di avere fatto parte di quel gruppo anch’io e perciò in grado di dare un giudizio spassionato. Mi piace riferire inoltre un episodio curioso. 

Siamo in scena tutt’e due, qui a Quarrata, al Teatro Nazionale, nel primo atto di “Tutto per bene” di Luigi Pirandello. Finita la scena, dobbiamo uscire e cambiarci frettolosamente d’abito e rientrare. Per acquistare tempo, non possiamo fare il cambio nei camerini che sono distanti, ma in quinta dove già sono stati portati i vestiti. Trattandosi di costumi anni Venti, oltre a giacca, calzoni, cappello e sciarpa, c’erano molti accessori da indossare, per arrivare perfino alle ghette. Appena in quinta, un numero di quattro o cinque donne, “assistenti di scena”, si precipitano verso Carlo e cominciano a spogliarlo. Un vorticoso movimento di braccia e di mani infatuate riduce in men che non si dica Carlo in mutande. Un momento per contemplarlo in deshabillé e quindi rivestirlo,  pronto a riapparire in pubblico. Io da una parte, solo e affannato, riesco alla meglio a prepararmi ma confesso di essere arrivato in fondo ansimando e amareggiato per essere stato totalmente trascurato. Nessuna delle donne mi ha degnato di uno sguardo; nemmeno Carlo, intento a fare il Sultano con le odalische, si ricorda di me.

Dopo tanto tempo vorrei dirgli una cosa che non gli ho mai detto. Pur sapendo di non avere gli attributi fisici per spostare su di me l’attenzione muliebre e di non poter assolutamente competere con la sua appetibilità, mi aspettavo il suo intervento per avere anch’io almeno “un’ancella”. Non lo ha fatto e io mi sono sentito misero, reietto e vittima di un’ingiustizia. Sappia che, nonostante tutto, non gli ho mai portato rancore. 

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