di Marco Bagnoli
ottobre 2012
Il nostro viaggio per le frazioni del territorio di Quarrata si appresta alla conclusione, dopo un largo giro durato quasi cinque anni. Giunti a questo punto non potevamo però dimenticare quelle località “minori” che, per quanto meno determinanti sul piano degli accadimenti storici, sono comunque saldamente radicate nella vita vissuta di chi ci abita. È il mini racconto di casa nostra, insomma.
Questa zona era anticamente costituita da un areale paludoso, sovente invasa dallo strabordamento delle acque che dilagavano dai fiumi e dai torrenti circostanti; il terreno stagnante e acquitrinoso che ne conseguiva era la premessa ineluttabile alla insalubrità dell’aria e alla diffusione delle febbri malariche. Per ironia della sorte, gli abitanti di questa frazione avevano una fonte di reddito nella produzione del carbone, tanto sui nostri monti che nelle terre di Maremma, anch’essa storicamente segnata dalla malaria. Recandosi invece in Sardegna, la gente di Casini colse invece lo spunto per il commercio dei cavalli, tra i quali i Baldi e i Colombo.
È proprio in prossimità del torrente Stella, sulla sua riva destra, che attorno al 1165 viene edificata la chiesa dedicata a San Biagio, non molto distante da quella di Santallemura. Il complesso dispone inoltre di una canonica e di una casa adibita a civile abitazione. Era stata la contessa Matilde di Canossa, che proprio da queste parti aveva dei possedimenti, a mettere a disposizione le somme necessarie all’avvio dei lavori. Gli elenchi delle decime del XIII secolo la riportano come ecclesia S. Blasii, sottostante all’autorità della pieve di Quarrata. I registri della visita pastorale del vescovo Donato de’ Medici, redatti nel 1447, riportano invece la dicitura ecclesia S. Blaxii de Vignuole. L’incedere dei secoli ha purtroppo ridotto a ruderi la chiesetta originaria, divenuta nel frattempo parrocchia soltanto nel corso del XVI secolo, sacrificata dagli interventi cui fu sottoposta tra il Sei/Settecento.
Svetta ancora il campanile, stretto e squadrato, che quasi spera di avvistare l’arrivo estemporaneo di un’opera di restauro.