Club Del Diavolo – intervista a Moreno Ianda

Club Del Diavolo – intervista a Moreno Ianda

di Massimo Cappelli

dicembre 2011

Il nostro direttorissimo Giancarlo Zampini, visto il ventennale rapporto di lavoro che ho con la famiglia Janda, ha dato a me l’incarico di fare l’articolo sul CDD, compito che porterò avanti con estremo piacere cercando di fare del mio meglio. Io credo che il CDD sia stato un grande progetto, nato, come ogni grande progetto, da una grande idea, da una visione. In ambito di Marketing molto spesso (e si potrebbero fare i più disparati esempi), ogni prodotto estratto dal suo contesto ordinario e ricollocato in altro modo, è un successo. Qualcuno, tempo fa, ha pensato che alla riva di un lago si potesse dare, oltre a caccia e pesca, un utilizzo alternativo. Moreno Janda ci ha raccontato tutta la storia, eccola.

Moreno, quando e come nasce l’idea del CDD?
Gino Janda, mio padre, nel 1968/69, grazie ad una vendita di terreni per rifare gli argini al torrente Stella, si ritrovò proprietario di un lago che chiamò Lago Inferno e che destinò alla pesca sportiva. La casa colonica adiacente al lago è servita, per tanti anni ad accogliere gli amici di mio padre per cene e ritrovi, oltre che come punto di ristoro per i pescatori. Dopo la sua scomparsa abbiamo voluto dare al locale una nuova veste seguendo la moda di allora, che vedeva una massiccia diffusione di pub e birrerie. L’idea era quella creare un punto di ritrovo per le serate dei giovani con musica e giochi di società, però più innovativo dei pub tradizionali e con il valore aggiunto di offrire la possibilità di mangiare.

Nasce così la discoteca Club del Diavolo?
In effetti non siamo nati proprio come discoteca, ma come Discobar Ristorante, anche se i numeri più grandi li abbiamo avuti con le serate del dopocena, anche perché non c’erano molti locali da queste parti con l’agibilità di oltre 3000 persone. Così in seguito, ci siamo dati l’appellativo di Megadiscobar.

Quanto è contato l’apporto di tua sorella Cristina?
Sicuramente molto. Cristina, che aveva girato il mondo come hostess nei primi anni si è occupata della comunicazione, delle idee, delle novità e delle “stranezze” che hanno dato l’identità al locale presentandolo sempre in una veste alternativa. Club Del Diavolo “Pizzas and Pastas”, fu il primo nome del locale. Poi col tempo fu usato soltanto l’acronimo CDD, anche perché il nome si diffuse soprattutto fra i giovani…

Perché?
(sorride) Probabilmente perché il termine “Diavolo” non sembrava molto rassicurante per le famiglie: così decidemmo di toglierlo.

Gli anni d’oro quale furono?
Dopo il 1994, che tutti definiscono “il periodo della discoteca”. Furono gli anni del dopo-alluvione, che ci obbligarono a dei lavori di restauro sulla riva e nel lago: così vennero creati nuovi spazi per la ristorazione, il ballo, i giochi per bambini. Da allora, il locale ha l’aspetto che mantiene ancora oggi. Il CDD si trasformò da posto “improvvisato” a locale esclusivo, potendo vantare la presenza di D.J. italiani ed internazionali, grazie ad un filo diretto con le emittenti più importanti, in particolare Radio Deejay, che stava imponendosi allora e dettava la moda del momento. Sono passati da noi, fra i tanti: Linus, Albertino, Platinette, “Digiei” Angelo, Molella, e Nicola Savino.

E nacque la “Grandestate CDD”, che io mi ricordo bene poiché gran parte delle campagne pubblicitarie le hai fatte con me!
Vero! Eravamo sul finire degli anni ’90 ed anche per quella nuova avventura avemmo un’intuizione vincente. Durante una serata invitammo Bebo Storti, con il suo personaggio, “Il Conte Uguccione”, e fu un successo. Capimmo così il valore aggiunto che davano gli ospiti famosi, i già citati D.J., poi più avanti gli ospiti di trasmissioni come il “Grande Fratello”, facendo anche le selezioni, che avevano un grande richiamo.

Mi pare però che i clienti non fossero soltanto i giovani, giusto?
Assolutamente no. Il CDD aveva una clientela molto trasversale, in prima serata con “Il Pirata dei Pini”, nella pineta, c’erano molte famiglie che venivano a cena con i bambini e che si divertivano grazie all’animazione di Betty D.J. fino alle 23:30. Dalla mezzanotte si aprivano i cancelli ai giovani della discoteca. Eravamo veramente un locale per tutti, specialmente d’estate, quando stavamo aperti sette giorni su sette, ed il Mercoledì, Venerdì e Sabato ospitavamo fino a seimila persone. Siamo riusciti a far convivere diverse tipologie di clienti fino al 2008, quando decidemmo di chiudere in bellezza con una festa dove parteciparono migliaia di persone.

Fu una bella avventura…
Gli stessi D.J. che venivano a lavorare da noi non credevano ai loro occhi, perché non avrebbero mai immaginato che potesse esistere un posto così. Artisti con i quali si è creato un rapporto di amicizia, per il fatto che dormivano e mangiavano a La Bussola. Così quando il giorno dopo rientravano in radio mi salutavano in diretta… e non ti dico quante telefonate mi arrivavano dopo pochi secondi.

Qualche curiosità?
Mi ricordo che agli inizi facemmo una “festa saponata”: comprai un telone da tir e con quattro bidoni di acqua e sapone sparammo schiuma grazie ad un “cannone”; questo, venticinque anni or sono, mentre oggi è un’attrazione che si usa comunemente. Un’altra volta abbiamo fatto la “Festa a torte in faccia”! Mi sono fatto fare più di trecento torte di crema al burro ed anche qui ho visto coinvolto diverse tipologie di persone, dal professionista al negoziante all’operaio. Poi feste da contadini, con pecore, galline e una mucca legata a un carretto… che fra l’altro si imbizzarrì! (Sorride) Al CDD c’erano anche la zattera e i pedalò sul lago: addirittura una volta facemmo una gara di moto d’acqua con campioni italiani ed europei.

Adesso come viene impiegata l’area e gli impianti del CDD?
C’è sempre un locale, si chiama Tenuta La Querciola ed è diventata una location per banchetti di nozze meeting, cerimonie, Cresime, Comunioni o qualsiasi altro evento organizzato sia da noi che da altre aziende di catering. Vorrei concludere dicendo che il locale adesso è assai più sobrio di quando era Discobar, un polmone verde che si fonde con la natura che lo circonda.

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