di Carlo Rossetti
marzo 2022
C’è un momento nella giornata di un degente ospedaliero in cui il medesimo deve ricorrere a tutta la sua pazienza, alla sua capacità di inventiva per portare a termine un’operazione importante: quella del pranzo. Ma come, si dirà, quali capacità occorrono? Mangiare è semplice e piacevole sì, ma non facile come può sembrare a prima vista.
Il vassoio, con il quale vengono portate le pietanze, viene deposto sul tavolino posizionato a fianco del letto, che ruotando cigolando, raggiunge il degente. A questo punto il paziente si rende conto che sul vassoio c’è molta confusione; la minestra è in seconda posizione e dal coperchio fuoriesce il contenuto. Intanto il tavolino privo di stabilità tende a ritornare a fianco del letto. Ma il paziente, fedele alla sua condizione, ha pazienza e lo riporta nella posizione iniziale. Però c’è un altro ostacolo che si sovrappone tra lui e il pranzo; sono i tubi delle flebo che scendono dalle bocce per infilarsi nelle braccia. A ogni movimento i fili finiscono per ostacolare il raggiungimento dello scopo. Prova a tenerli fermi anche con il naso ma è inutile. I fili gli “ronzano” davanti come mosche d’estate e lo fanno assomigliare a una marionetta. Dopo una serie di tentativi il degente decide di iniziare a mangiare dal secondo piatto, per poi proseguire con il primo.
C’è da fare una premessa. Al mattino l’addetta alla mensa è passata e ha chiesto ai pazienti di scegliere il cibo tra quelli che lei elencava come si trattasse di un consumato cameriere.
«Per primo: semolino, pappa al pomodoro, pasta con la pomarola, minestrina in brodo».
«Per secondo: Pollo con patate, bistecchina con le bietole, carne ai ferri con contorni vari».
Ebbene, di quello che il degente ha ordinato al mattino non c’è nessuna traccia. Così scopre di avere un pezzo di formaggio che addenta per primo con malcelata accondiscendenza, per poi passare al semolino che in parte è finito sul vassoio nel primo tentativo di avvicinamento.
Ma non è finita. Qui si potrebbe tirare in ballo il buonsenso di chi prepara le confezioni alimentari. Un piccolo sacchettino di plastica contenente formaggio grattugiato, resiste ai disperati attacchi del degente, che con le mani cerca di strappare un lato del contenitore, ma inutilmente. Prova allora con i denti ma deve desistere, se non vuole perdere il canino da poco incapsulato. Si dovrebbe capire che lui non possiede oggetti da taglio e quindi rendere più agevole l’apertura dell’involucro. Ed è questo pensiero che modifica la sua pazienza in un moto di ferocia, mentre un illimitato numero di improperi viene indirizzato ai titolari delle confezioni e a tutta la loro parentela.
Per rinfrancarsi non resta che pensare al pomeriggio quando l’infermiera passerà con il tè e altre bevande. E così alle cinque una voce argentina fa risuonare nella corsia: «tè, yogurt, acqua minerale, creme caramel, acqua tonica!»
«Creme caramel, mi raccomando, grazie» è la fievole risposta… nella speranza di riuscire a mangiare senza fatica almeno quello!