di Marco Bagnoli
giugno 2020
Dina Canova è originaria di Venezia, ma vive in Toscana ormai da ventidue anni, mentre sono una decina quelli che condivide con gli abitanti di Quarrata; dal 2016 conduce proprio qua a Quarrata il suo negozio di borse e accessori in via Bonaccorso da Montemagno, che si chiama DNA, Discover New Accessories. Dina può solo farsi raccontare gli anni d’oro della nostra città, quando Quarrata era un po’ la Las Vegas del mobile, ma un giro sulla grande giostra del bel mondo se lo è fatto anche lei, proprio quando anche Quarrata viveva il suo periodo più luminoso.
Per venti anni, infatti, ha lavorato come modella sulle passerelle di tutto il mondo. E dire che a quattordici anni stava vivendo il suo periodo più complicato, quello di un’adolescente più alta della media, più magra, che preferiva ingannare il tempo chiusa in casa piuttosto che passarlo coi suoi coetanei, tutti immancabilmente più bassi di lei. La sua mamma pensò con fiducia di tentare la carta dello sport, iscrivendola a una polisportiva dove potesse giocare a basket con altre ragazze della sua statura. Ma la scelta vincente si rivelò quella di partecipare ad un corso regionale di portamento. Anche in questo caso Dina venne a trovarsi in compagnia di ragazze altrettanto alte. Il corso di portamento le risultò oltremodo congeniale, naturale, e fin da subito iniziò a lavorare come modella nell’ambito della sua regione.
A un certo punto si trattò di fare una scelta: continuare con il suo hobby impegnativo e iscriversi alla Ca’ Foscari alla facoltà di lettere orientali, oppure tentare il grande salto. Era il 1980 quando si trasferisce a Milano, dove tutto succede – almeno per la moda. Aveva deciso di fare sul serio, di abbandonare per sempre il mondo limitato delle sfilate regionali: se voleva giocare voleva giocare davvero. A Milano trovò subito lavoro con un’agenzia che la indirizzò per il momento al settore della pubblicità; i guadagni erano modesti, ma assicurati. Eppure non riteneva la pubblicità il suo ideale campo d’azione, e di comune accordo con la sua agenzia pensò bene di passare ad un’altra, che la propose come modella per gli stilisti; il suo lavoro era quello di indossare gli abiti nelle varie fasi della loro realizzazione.
Accadde allora che si trovasse a lavorare anche per una serie di abiti disegnati nientemeno che da Giorgio Armani: il semplice fatto di avere indossato dei modelli di Armani impreziosirono di colpo il suo curriculum, e infatti a questo punto si aprirono per Dina le porte delle grandi sfilate del prêt-à-porter, lavorando tra gli altri anche per Missoni, Ferré e Moschino, ma anche con l’Istituto per il commercio estero, che proponeva la moda italiana nel mondo, con le più grandi agenzie di modelle di Milano e col gruppo degli stilisti romani. La sua carriera di modella si è così snodata per circa vent’anni, collezionando numerose apparizioni in tv e un ottavo posto a Miss Italia 1984. Sono stati vent’anni eccezionali, vissuti in un mondo capace di concedere le più grandi soddisfazioni, le più incredibili esperienze nei posti più belli del mondo in compagnia delle persone più clamorose, a patto però di restare almeno un po’ con i piedi per terra, cercando di sviare gli innumerevoli trabocchetti di un ambiente sì straordinario, ma ugualmente ricco di compromissione e deviazioni.
Bisogna ricordarsi di avere una testa sulle spalle, altrimenti una ragazza che guadagna in un giorno lo stipendio di un mese della gente “normale” finisce per perdere la cognizione stessa del valore del denaro. Non è un lavoro che degrada la donna, e forse il rispetto che le è comunque dovuto bisognerebbe coltivarlo proprio sul posto di lavoro, nel modo in cui uno stilista ti tratta. Si è comunque l’ingranaggio di un meccanismo di vendita, l’importante è saper ben delimitare i tempi e i costi della propria partecipazione al gioco. La stessa cosa che del resto accade ogni giorno nella vita.