di Alessandro Pratesi
settembre 2022
Viviamo in una società liquida, dove ognuno si sente legittimato a pontificare su tutto, specialmente se si tratta di reclamare un diritto. Assolutamente legittimo, purché non ci si limiti solo a esigere vantaggi. In questo esercizio sono maestri coloro che cercano di ingraziarsi la benevolenza delle masse. È più semplice, infatti, promuovere la rivendicazione dei diritti anziché chiedere di ottemperare ai propri doveri, poiché invitare a compiere quello che ci è richiesto non è mai pagante: il destinatario dell’invito, di regola, presume di non avere niente da rimproverarsi e, semmai, che la raccomandazione riguardi gli altri. Diritto al lavoro e all’equo compenso: sacrosanto, purché si sia disposti all’assunzione responsabile di un impegno che non ha solo funzione personale, ma anche enorme valenza sociale. Diritto allo studio: indiscutibile, purché si trasformino le risorse economiche e i sacrifici della famiglia in risultati adeguati. Diritto e libertà di espressione: baluardo e presidio di ogni società profondamente democratica, purché non si confondano le opinioni con astruse e cervellotiche farneticazioni.
Una lunga premessa per introdurre un tema di grande attualità: l’evasione fiscale e, allo stesso tempo, l’insostenibile prelievo che grava sul contribuente onesto. Si tratta, a ben vedere, di una questione che, proprio come per i diritti e i doveri, ha due facce: il dovere di pagare le tasse e il diritto di non subire un’erosione del reddito tale da incentivare la scelta dell’irregolarità. Non è possibile, in poche righe, evidenziare le grandi e gravi storture che, da troppo tempo, caratterizzano il tormentato rapporto tra Amministrazione Finanziaria e contribuenti. Un dato, però, può essere evidenziato senza tema di smentita: una legislazione debordante, torrentizia e spesso contraddittoria, creata da una burocrazia pachidermica, distante anni luce dal mondo reale, alimenta un sistema fiscale ormai fuori controllo e che necessita di una semplificazione non più differibile. In altri termini, pagare le tasse è un dovere civico che non può essere discusso in alcun modo, così come poter vivere dignitosamente grazie al proprio lavoro è un diritto inalienabile. Ferma restando la condanna dei grandi evasori e di chi fa dell’illegalità un uso continuo, sarà difficile, senza un radicale cambiamento dell’ordinamento tributario, contrastare la cosiddetta “evasione di necessità”, ossia quella che ha un solo fine: permettere la sopravvivenza delle imprese e di chi vi lavora. Non dovrebbe essere troppo difficile da capire, anche se non semplice da realizzare. Non esistono altre vie, però, per sconfiggere un cancro che affligge il Paese e, soprattutto, i cittadini onesti.