di Rosita Testai
dicembre 2020
La “Storia di un riscatto” di Lorenzo Rossomandi e “Una famiglia a Montorio sul Montalbano” di Roberta Giuntini ci guidano alla riscoperta delle nostre radici.
Lorenzo Rossomandi fa rivivere nel suo romanzo i protagonisti, realmente vissuti a Quarrata alla fine dell‘800, autori della modernizzazione della città e ricostruisce, affidandosi anche alla fantasia, eventi e circostanze che li indussero a raggiungere, pur da posizioni diverse e lontane, il comune obiettivo di migliorare la vita della popolazione oppressa da una miseria diffusa e secolare. Il Caselli Gianbattista, commerciante di cappelli di paglia di Lucciano e Francesco Navone commerciante di merletti in Firenze, i nobili Amati Cellesi ed i nobili Spalletti arrivati dal Nord d’Italia, il Parroco Don Ceccarelli, il Sindaco di Tizzana (all’epoca Sarteschi Cesare) ed il Prefetto, le contadine e gli scalpellini della cava di Lucciano, i ricchi ed i poveri, i religiosi ed i laici, gli uomini e le donne, riescono a dialogare e contribuire alla realizzazione dell’ospedale Caselli per i malati e gli anziani di Tizzana, che l’Ospedale del Ceppo di Pistoia non poteva più ricevere a causa del sovraffollamento e della promiscuità dei locali. Artefice di questa sintesi di volontà e di energie, è la contessa Gabriella Spalletti, liberale moderata, sensibile alla questione sociale, fondatrice della Scuola e Fabbrica Femminile di Merletti Lucciano-Quarrata e presidente del Consiglio Nazionale delle Donne Italiane, con sede a Roma, il cui programma politico indicava nel lavoro, nell’istruzione e nell’assistenza alla maternità, alla vecchiaia ed all’emigrazione, gli interventi utili a risollevare dalla povertà grandi strati della popolazione, tra cui le donne. A fianco della contessa l’autore mette in scena un personaggio di pura fantasia, Martina, la giovane figlia di contadini che conquista le simpatie della nobildonna ed inizia una intesa fortissima con lei, tanto da esprimerne al suo posto i sogni e intraprenderne le azioni, durante l’organizzazione della scuola di ricamo a modano e la realizzazione dell’Ospedale Caselli. Martina diventa così, per volontà dell’autore, l’erede scelta da Gabriella Spalletti per portare avanti la battaglia di emancipazione delle donne e di riscatto del territorio.
Roberta Giuntini ricostruisce le nostre origini contadine attraverso la storia della sua famiglia. Una famiglia di contadini non mezzadri, ma proprietari della terra, che crescono di generazione in generazione come imprenditori, grazie al lavoro costante, alla forte solidarietà tra i suoi componenti, alla volontà di acquisire competenze nuove ed alla capacità di intessere relazioni e scambi commerciali con la vicina Pistoia.
La casa di famiglia è il luogo dove si svolge il lavoro quotidiano. Bellissima è la descrizione degli spazi che via via nel tempo si ampliano e si trasformano con la crescita delle tante attività. Quelle legate alla terra, dalla produzione dell’olio e del vino, all’allevamento degli animali, alla coltivazione del bosco per la produzione e vendita della legna. Quelle legate alla famiglia, dal forno per il pane, alla cisterna per la raccolta dell’acqua piovana, alla produzione della biancheria ricamata e delle cartucce per la caccia. Tutto è organizzato in maniera razionale e funzionale sia ai bisogni familiari, sia alla domanda del mercato locale, con un occhio attento al riciclo dei materiali ed al risparmio energetico e della materia prima. I compiti distribuiti all’interno della famiglia secondo un rigido assetto patriarcale e di separazione tra i sessi, sono comunque condivisi. Le donne assolvono alle funzioni di mogli e madri che la società contadina dell’epoca assegna loro in via prioritaria, ma anche a tutte le attività di supporto al lavoro dei campi. Rispettose delle regole, passano dalla famiglia di origine a quella del marito, dove comunque riescono ad affermare la loro personalità ed autonomia, pur entrando in contatto con usanze ed affettività diverse. Un esempio virtuoso di piccoli proprietari terrieri di collina, i Giuntini, che riescono a stare al passo con i tempi, anche in mezzo a due guerre mondiali e che con il coraggio di sempre, hanno attraversato la crisi finanziaria mondiale del 2008, rilanciando l’azienda agricola e commerciale come agriturismo.
Una testimonianza di attaccamento al territorio capace di conservare il patrimonio di conoscenze usi e costumi del mondo agricolo, di farlo apprezzare nel presente e di preservarlo anche per il futuro.