di Massimo Cappelli
marzo 2021
E’ stato il mio compagno di banco nei tre anni delle scuole medie, ma da dopo il periodo scolastico, come spesso succede, ci siamo incontrati di rado.
Ricordo però che da ragazzo aveva la passione per le moto con tutto il corredo che accompagna i “centauri”: abbigliamento, barba, orecchini e quanto altro. Purtroppo una malattia congenita lo ha obbligato, per metà del tempo che ha vissuto, a stare in terapia: faceva la dialisi ogni settimana, questo lo aveva molto debilitato al punto che, qualche anno fa, fu costretto a vendere la moto. Portava comunque avanti una vita tranquilla, fatta tuttavia di continui (sia pur piccoli) acciacchi; il suo tempo lo passava fra casa, Bar Moderno, dialisi e qualche cena con amici. Due anni fa, esattamente il 15 novembre 2019, fu entusiasta di ritrovare, dopo cinquant’anni, tutti gli amici della classe 1° D del 1969, insieme a quattro professori, l’incontro avvenne in una cena al Circolo di Vignole e da allora abbiamo continuato a sentirci nel nostro gruppo WhatsApp, dove la notizia della sua scomparsa ha lasciato tutti sconcertati.
Ciò che sto per scrivere qui di seguito l’ho pensato il 27 settembre del 1998 quando se ne andò mio padre. L’ho conservato dentro di me fino al settembre 2012 quando ho scritto un ricordo dell’amico Giancarlo Zampini, storico direttore di NoiDiQua. Ora voglio riesumare questa mia convinzione pensando proprio alla scomparsa di Fabrizio.“Io ho la convinzione che alla fine del “viaggio” un’ora, un anno, mille anni o un secondo, si riducano, a confronto dell’eternità, ad un solo attimo. Quando, inevitabilmente, abbandoniamo la materia, lo spazio e il tempo, penso che, un attimo dopo, ci ritroveremo tutti nella nuova dimensione, dove non esiste né costrizione né sofferenza.”
Ciao Fabrizio