di Massimo Cappelli. Ph: Foto Olympia
dicembre 2024
Se il diavolo veste Prada… il Diavolino veste tutti! Questo è il claim della pubblicità radiofonica di Ciardi Bazaar. La mia intenzione era quella di creare il personaggio Diavolino ma ben presto mi sono reso conto che il fenomeno c’era già, io l’ho solo preso. Questo personaggio si chiama Luciano Ciardi. Il sabato, dal Diavolino al mercato di Quarrata, c’è il ritrovo di tutti: il Pisa, Aldo Gori, Alessandro Rosellini, il Fabbri, il Birigoni, Mario Brilli, Romano del Civinini, Giancarlo Toccafondi, Piero Lepera, Carlo di Argante e a volte anche Paolino Benelli, ma sicuramente dimentico qualcuno. Luciano Ciardi è il direttore d’orchestra, ha sempre una parola e una battuta per tutti. Tra una camicia e un pantalone venduti, un giubbotto e una maglia fatti provare ai clienti, la sua attenzione va di nuovo agli amici, a quelle persone che lo conoscono da quasi sessant’anni, ovvero dal tempo che bazzica la piazza di Quarrata.
Il suo pseudonimo lo ha ereditato da suo padre Antonio Altero Ciardi, ambulante anche lui, con il quale Luciano iniziò il suo lavoro dopo le scuole. Dopo la morte prematura del babbo, ha continuato a fare i mercati con la sua mamma, Nida Vannucci, portando avanti anche il negozio, situato a Poggetto di Poggio a Caiano, dove a seguire il reparto donna c’erano (e ci sono ancora) stabilmente, sua moglie Daniela e sua cognata Grazia, solo che il negozio adesso è a Tavola, la frazione del Comune di Prato, perché… visto che il tempo passa e… a tavola non s’invecchia, Luciano ha deciso di stabilirsi lì. Dai primi anni Settanta, per molto tempo, Ciardi Bazaar è stato uno dei maggiori distributori in zona di jeans e di abbigliamento denim. Da più di un decennio è entrato in pista anche Matteo, il figlio di Luciano, che oltre a portare avanti con i genitori la storica attività di famiglia, opera nel mondo dell’abbigliamento da lavoro, tecnico e personalizzato. Abbiamo fatto qualche domanda a Luciano.
Com’è cambiato il mercato dai tempi del “diavolino Altero” ad oggi?
«Il mercato è la prima, storica, forma di vendita, e non finirà mai. Oggi abbiamo una clientela molto più esigente e variegata. La piazza resta sempre un luogo molto ambito da tutto il popolo anche come punto di aggregazione».
In tutti questi anni, nel lavoro, qual è stata la tua più grande soddisfazione?
«La mia più grande soddisfazione è da sempre la possibilità di stare a contatto con la gente, di mettere la mia professionalità al servizio di tutti, cercando di non vendere solo il prodotto, ma di regalare consigli, positività e sorrisi».
Di cosa ha bisogno la gente oggi?
«La clientela oggi è sempre più esigente e informata, tutti cercano il prezzo migliore e il servizio più accurato senza rinunciare alla qualità. È molto difficile combattere contro i colossi della Rete, tuttavia abbiamo clienti-amici consolidati da anni che non si sono mai dimenticati di noi, che cerchiamo di trovare per loro sempre il miglior compromesso».
Raccontami qualche aneddoto divertente successo in tutti questi anni di attività.
«Il mio babbo, all’inizio degli anni Cinquanta, al mercato di Tavola, stava vendendo dei pantaloni senza tasche ad un tizio, detto Fagiolo, che faceva il contadino, il quale, giustamente, si lamentò del fatto che non potesse mettere le mani in tasca. A quella affermazione il babbo gli rispose “Fagiolino, da’ retta, o icché te ne fai delle tasche, o un tu hai da reggere la vanga con le mani”. Un giorno tornavamo dal mercato con l’Ape Piaggio, io e mia sorella Luciana (oggi docente in pensione ed ex vicepreside alla scuola media di Quarrata ndr), eravamo seduti dietro nel cassone. Fummo fermati dalla Polizia e l’agente contestò il fatto che il mezzo, avendo la banda rossa, era adibito solo per il trasporto di cose proprie. E babbo Altero rispose: “o questa un’è roba mia, e sono i mi’ figlioli!».
I tempi cambiano, questo è un dato di fatto e a causa della tecnologia è cambiato anche il modo di comprare, potendo ordinare tutto da casa, davanti ad una tastiera o ad uno smartphone. Negli ultimi anni questo cambiamento ha fatto chiudere migliaia di microimprese locali e arricchire a dismisura poche decine di aziende diventate colossi a livello mondiale. Qualcuno ha scritto “non è importante la meta, ma il viaggio” ed io voglio contestualizzare questo sacrosanto concetto all’argomento. Se è vero che acquistare prodotti è un bisogno per vivere, è altrettanto vero che non tutti i bisogni si possono comprare, né su Internet, né da altre parti; le relazioni umane, per esempio, l’amicizia, l’empatia, la partecipazione. Se andrete ad un mercato rionale, o di paese, incontrerete tanta gente, dispenserete stati d’animo positivi e complicità, anche al mercato di Quarrata, dove c’è anche Luciano Ciardi, il Diavolino, che non veste Prada… ma veste tutti.