Fernando Bargiacchi – la leggenda di Ciuffo

Fernando Bargiacchi – la leggenda di Ciuffo

di Massimo Cappelli

dicembre 2015

Se a Quarrata chiedi a qualcuno se conosce Ciuffo, probabilmente provocherai in lui un sorriso. Da anni le sue “avventure” vengono raccontate da così tanta gente, da far diventare Fernando Bargiacchi (questo il suo vero nome) un mito. Come su ogni mito però è facile mistificare; questi sono gli inconvenienti della popolarità. Vogliamo scoprire con lui se le sue storie più celebri sono vere o false. Ciuffo è un rabdomante, una di quelle persone che hanno il dono di trovare vene di acqua a diversi metri sotto terra, solo con un tralcio di salice o di olivo. Questa sua dote, che ha scoperto all’età di dieci anni, lo ha portato, in passato, a realizzare pozzi artesiani. Da ragazzo ha fatto anche il tessitore, collaborando con la sorella di Roberto Benigni. A ridosso della pensione invece, faceva il vivaista, coltivando e vendendo alberi di Natale. Dal 1975 è sposato con Anna Talò, una bella signora di Piombino.

«Con Anna ci siamo conosciuti al Bottegone da Otello, dove ci misero a mangiare seduti accanto. Per un anno le ho fatto da taxi, poi ci siamo messi insieme. Donne ne ho avute tante e non mi sarei mai voluto sposare, però appena ho conosciuto l’Anna, ho fatto come i Dik Dik, ho pensato: io mi fermo qui».

Fernando, è vera la storia di quando ti fermarono i Carabinieri con uno dei primi autovelox che aveva rilevato una velocità di centotrenta chilometri all’ora? Quando te lo comunicarono tu rispondesti: “Noo, macché, avrò fatto quaranta, forse cinquanta”. Quando ti spiegarono che lo strumento non poteva sbagliare, tu dicesti: “Maresciallo, che macchina veloce che ho, eh?” «Sì, ma è vero anche di quando avevo il camioncino pieno di tubi senza il cartello dei carichi sporgenti: i Carabinieri erano a Olmi (proprio qui sotto ndr) al peso pubblico, io li vidi, e mi avviai a piedi da loro chiedendo: “Una domanda, avete da fare parecchio qui che ho da passare?” Loro mi risposero: “Venga pure, noi non badiamo a lei siamo qui a fare altre cose”. Allora io passai e loro mi fermarono e dissi: “Maresciallo, ma siamo uomini o caporali?»

Quando ci fu un incidente fra la tua auto e uno schiacciasassi e tu dichiarasti questo: “Io avrò fatto trenta all’ora, quando ti vedo lo schiacciasassi venirmi incontro a tutto foco, avrà fatto centoventi o centoquaranta all’ora. Provai a scansarmi, ma non ce la feci, mi prese in pieno”«E’ vero, successe vicino a casa mia. Questo lo dichiarai in Tribunale, ma non mi hanno ancora pagato dopo quarant’anni».

Raccontami di quando sulla Via Fiorentina, con il camioncino del lavoro, a trenta all’ora svoltasti a sinistra in una strada secondaria senza mettere la freccia, anche perché le frecce posteriori erano rotte. Una signora che ti stava sorpassando non riuscì ad evitare l’urto. Entrambi vi fermaste e la signora ti disse: “Però poteva mettere anche la freccia eh?” E tu le rispondessi: “Un tu hai visto il camioncino, come facevi a vedere la freccia?” «Confermo. Aveva certi occhiali che sembravano fondi di bottiglia». 

È vero che insieme al “Nero” (al secolo Paolo Tuci), molte domeniche vi vestivate in giacca e cravatta e aspettavate, sulla Statale, un matrimonio, per imbucarvi al pranzo? Poi tornavate alla Casa del Popolo del Bottegone commentando sul cibo e sulle persone. «Sarò andato in tutto a una ventina di matrimoni, avevo una spider. Che tempi. Un anno facevo un pozzo per don Enrico Pretelli alla Chiesa della Ferruccia, quando la trivella trovò la cisterna del gasolio. Pensavo di aver trovato il petrolio e quando vidi tutto il muro della Chiesa imbrattato corsi dal prete: “Priore, priore, il petrolio, il petrolio… siamo ricchi”. Mentre al Ristorante Senesi a Lastra a Signa (qui c’era anche l’Anna) aspettammo due ore prima di sederci. Ci misero accanto a una coppia raffinata e molto antipatica; così raccontai a mia moglie, facendo in modo che sentissero anche loro, di quando durante una cena in campagna, ci fu un incendio in un fienile e vedemmo uscire un topo infuocato girare per l’aia prima di morire. La coppia smise di mangiare e se ne andò. Io allora mangiai tutti i funghi fritti che avevano lasciato. Poi c’è stato un vigile a Montecatini che aveva una fissazione: voleva sempre vedere il bollo esposto. E io una volta gli dissi che il mio bollo non poteva essere esposto, perché non lo avevo mai pagato».

Ecco fatto, vi abbiamo presentato anche Ciuffo. Nel salutarci, con la sua inconfondibile voce nasale dovuta ad una malformazione dell’apparato superiore della bocca ci dice: «Rifarei tutto quello che ho fatto perché ho cercato sempre, sia pur divertendomi, di fare le cose a modo. La gente mi vuole bene, mi riconosce e si ricorda di me anche dopo tanti anni».

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