di Marco Bagnoli. Ph: Foto Olympia
settembre 2021
Noi tutti di Noi di Qua conosciamo Gabriele Bellini da una vita, praticamente da sempre, dal nostro lontano numero zero del 2008. Oggi torniamo a parlare di lui, in occasione dell’uscita del suo nuovo disco, “Rebellion Party”, un concept album che la sa lunga.
A questo punto sarebbe stato troppo facile cominciare l’articolo su un chitarrista rock dicendovi “tenetevi forte!”, oppure “adesso si vola!”, “siamo fuori di testa!”, o cose del genere. Abbiamo quindi scelto di partire piano piano dall’inizio, da quando Gabriele riceve in regalo la sua prima Eko acustica, all’età appena di undici anni. La chitarra gli piace da subito, altrimenti non staremmo qui a parlarne, ma i tempi non sono ancora maturi per la fruizione di massa onnivora che conosciamo oggi – e internet è ancora tutto da immaginare. Fortuna che un ragazzo di qualche anno più grande ha alcune riviste di chitarra che gli arrivano dagli USA – come dire: direttamente dalla luna! E queste riviste musicali racchiudono tutto un mondo di nuove idee buone per ascoltare e anche per suonare. Inizia quindi l’era dei corsi di chitarra con cassetta, appena prima di quelli su vhs.
Facciamo un balzo in avanti, è già il 1987 e il singolo “Metamorphosis” degli Hyaena, nato in audiocassetta, diventa uno dei più diffusi della penisola. Ma chi sono gli Hyaena? Sono la sua prima band “seria”, un’esperienza fondamentale per lui, fino a quando alcuni dissidi interni non porteranno allo scioglimento del gruppo. I nomi coinvolti negli anni nella musica di Gabriele sono molti, c’è anche la “iena” Andrea Agresti; arriveranno poi gli allievi delle sue lezioni private, fino alla vera e propria attività di produzione musicale della sua etichetta, QuaRock Records, oggi con Giacomo “Jac” Salani. Gabriele colleziona gruppi e collaborazioni fino alla svolta del nuovo millennio, dai Ritmenia Zoo, ai Jam Movie Project, ai Pulse-R; a quel punto matura la consapevolezza di volersi esprimere come chitarrista solista, nell’ambito di dischi in gran parte strumentali.
E l’obiettivo, tutt’ora perseguito con grande lucidità, è quello di approdare stabilmente alla produzione di musica per film, dove lo attendono illustrissimi predecessori – uno su tutti, un certo Ennio Morricone… Del resto Gabriele aveva dimostrato questo suo interessamento già nel 2001, arrivando a vincere il primo premio per le musiche di un cortometraggio. La musica, che in alcuni posti del mondo oggi viene addirittura vietata, è da sempre forse la massima via per l’espressione delle emozioni, e “Rebellion Party” lo dimostra una volta di più. La sua realizzazione è stata quanto mai influenzata dalla pandemia, dal momento che i lavori iniziano nel gennaio del 2020, prima della pausa forzata di un anno intero. È un disco Rock aperto e melodico, racconta una sana insofferenza verso tutto quello che ci ha limitato negli ultimi decenni, a partire forse da tutta questa tecnologia che sembra spalancarci le porte dell’infinito, e invece forse non ci consente più nemmeno il tempo di riflettere.
La spinta per questo album, che uscirà anche in vinile, parte dall’ottimismo di fondo che contraddistingue comunque il nostro chitarrista: nonostante tutto, nonostante i lampi bui che tentano in ogni modo di oscurarci, esiste la possibilità per una nuova rinascita – e noi italiani questo dovremmo saperlo bene, dice Gabriele, da sempre appassionato di storia – basti vedere poi il trend positivo che ci accompagna, dalla vittoria dei Måneskin a Sanremo, fino all’Eurovision, su su fino alla stagione magica dello sport tricolore. È la squadra che torna a vincere, e forse l’isolamento forzato del lockdown ha un ruolo in tutto questo. Aggiunge poi che restarsene ancorati a un passato meraviglioso, che però non esiste più, è una cosa che non serve a nessuno: bisogna conoscerlo questo passato, e andarne orgogliosi quando è il caso, ma questo non deve affatto precludere l’apertura del nostro sguardo sul domani. Più chiaro di così; altrimenti alzate pure il volume a palla!