di Marco Bagnoli
giugno 2009
Ci si può adoperare nella celebrazione dei mille volti più o meno noti di un territorio, come facciamo NOIDIQUA, pensando magari di averle viste e sentite proprio tutte; e puntualmente si presenta al nostro attento orecchio una notizia che riesce a tenere vivo il nostro stupore e la nostra curiosità. Forse non tutti sanno che la nostra grande – piccola cittadina ha preso parte, così come le si confà, con modestia e garbo, al rutilante spettacolo multicolore del folle circo del Rock ‘n’ Roll. O meglio: è stato il Rock stesso di persona a decidere di farsi quattro passi da queste parti. Erano i primi anni ottanta: per l’occasione lo spirito del Rock ‘n’ Roll veste i panni di Ginger Baker, batterista dei Cream.
Peter Edwards “Ginger” Baker sulle prime aveva scelto il luccichio della tromba e quello del mondo da essa prediletto, il Jazz. Ma nel 1967 lo vediamo accompagnarsi a Jack Bruce, bassista e cantante, e ad un certo Eric, chitarrista, che di cognome fa Clapton: fino all’esplosione di Hendrix la scena del rock britannico è tutta loro. Ma questa è un’altra storia. A fare due domande in giro salta fuori che alla fine era una storia risaputa. Pare che dopo lo scioglimento del gruppo, Baker fosse capitato qua in Italia nel corso di una ennesima tournée – perché di posare la batteria neanche a parlarne, ovvio. Gli oramai attempati ex-ragazzi di allora lo ricordano bene: era estate, perché giravano tutti cianche all’aria. La mitica estate dell’82.
Carlo Giannini ricorda di aver ricevuto la telefonata di un amico che non sapeva dove sistemare la sala prove, dato che la sede di Palazzo De Rossi si andava rivelando scarsamente confacente. Carlo dice che l’amico era uno serio e se gli veniva a raccontare che suonava col batterista dei Cream era vero, punto. La sistemazione più ovvia sembrò la stanzetta semidiroccata giù al Poggiolino, che il Lenzi Alessandro gli aveva gentilmente imprestato; <<l’hanno tirata giù, peccato>>, confessa Carlo, <<avrebbe meritato una targa>>. Baker sembrava uno a posto, beveva solo acqua minerale, parlava un italiano decente, se ne stava a Calenzano nella sua casa coi cavalli; non era in compagnia, ma del resto lui veniva a Quarrata solo per suonare, della sua vita privata mica ne parlavano. Baker tirò su una band con la gente del posto, chitarristi e bassisti più o meno in evoluzione, solo il cantante era fisso, nonostante scarso di voce di chitarra e di armonica – <<ma fa scena>> – diceva Ginger; era un giamaicano coi rasta, forse inglese, si chiamava Tony. Anche Stefano Lomi se lo ricorda: prima di aprire il negozio di dischi in Piazza Risorgimento era un frequentatore consueto della stanzina vicino Villa Lenzi, uno che trafficava di mixer e di microfoni, anche se per la verità Baker l’ha incontrato poche volte. Quello che desta la maggiore meraviglia è la quantità di tempo che è passata da allora. <<Sento ancora il timbro della su’ voce>>, dice Carlo.
Enrico Cecconi non era tra i ragazzi di Quarrata. Lui all’epoca era un ragazzino e stava a Casalguidi. Oggi suona la batteria con Nick Becattini e quando parla di Ginger s’incanta tutto, come se parlasse di uno zio un po’ matto che poi è partito per l’ennesima avventura. <<È stato lui a insegnargli la batteria; si metteva di spalle e suonava la chitarra e poi senza neanche guardarmi diceva «ecco, qui hai toppato» – ce l’aveva dentro la musica>>. Enrico ricorda le occhiatacce della madre quando si presentava a casa con questo tizio per pranzo e di come in verità, da buon inglese, non disdegnasse un buon bicchiere di vinsanto, anche due. Baker girava in fuoristrada con la sua camiciona a quadri e i pantaloni mimetici con gli stivali e tutto; in onore al suo nomignolo (Ginger in inglese significa “zenzero”) non era solo piccante, ma quasi un attaccabrighe, <<era uno che se gli giravano ti metteva le mani addosso>>, ricorda Enrico. Poi la festa è finita.
Un bel giorno Ginger propose alla sua band di seguirlo. Per dove? Una tournée: Austria e Jugoslavia (c’era ancora!). <<Ma noi avevamo famiglia, chi il lavoro, chi la carriera>> e del negozio di dischi appena aperto, ne vogliamo parlare? Di lì a poco Ginger sparì. In tutto non erano passati più di tre mesi. Fece capolino in televisione, in concerto, da qualche parte in California. E oltre al ricordo, che cos’è rimasto? Una serata. Un’unica indimenticabile serata al Go Dance, dietro la Casa del Popolo. Stefano per l’occasione mixerista del grande Baker. Tutto registrato, tutto su nastro. <<Sentire Ginger Baker suonare Sunshine of Your Love>> grande canzone dei Cream <<accanto ad un mio pezzo dal titolo “Titanica”, è stata una cosa indescrivibile>> dice Carlo mentre guarda la Piazza. Il Rock è stato qui.