di Carlo Rossetti
Di lui voglio raccontare due cose, anche se sarebbero tante quelle da attingere dalla memoria, lasciando a Massimo e a David il compito di scrivere più compiutamente di lui. Furono i primi anni Ottanta a farmi conoscere Giancarlo: prima attraverso il video come conduttore dei programmi di TV Libera Quarrata, al fianco dell’ineffabile Luciano Michelozzi, poi come “intrattenitore notturno” nel dopo-trasmissione che nel periodo estivo aveva luogo fuori dallo studio e al quale Giancarlo dava vita. La sua voce era quella che più delle altre emergeva nelle discussioni e che mi giungeva distinta dalla finestra aperta della mia camera da letto, poco distante dallo studio, mentre cercavo di addormentarmi. Anche se potevo condividere quello che lui diceva, non ero in grado di apprezzarlo proprio perché la sua voce si frapponeva tra me e il sonno. In seguito ci conoscemmo personalmente e diventammo amici.
Un’altra cosa che mi ha sempre stupito di lui era la capacità di comunicare, il getto affabulatorio della parola. In grado di prendere parte a diverse conversazione nello stesso tempo, interveniva in una discussione e contemporaneamente in un’altra alternandosi. Non so perché questo fatto mi ricordava il giocoliere cinese che fa girare una serie di piatti contemporaneamente, andando di tanto in tanto a ravvivare il movimento di ciascuno. Credo una volta di averglielo detto.
Ho voluto ricordarlo così, senza retorica, sommessamente, anche se queste cose lontane nel tempo e pur banali che siano, diventano ora memorie importanti che accrescono il senso di vuoto che la sua scomparsa ha lasciato.