Gli Attavanti e Galileo

Gli Attavanti e Galileo

di Marco Bagnoli

settembre 2014

Il 15 febbraio di quattrocentocinquant’anni fa nasceva a Pisa Galileo Galilei. Padre ideale della scienza moderna, scopritore del più schietto movimento celeste per mezzo del telescopio da lui inventato – strenuo propugnatore del metodo scientifico, che porta il suo nome – Galilei percorse caparbio il sentiero che intravedeva tracciato da questa piccola Terra pendente al centro infallibile dell’universo. Nell’ambito di una carriera ancora saldamente incardinata sull’elaborazione dei classici, da Aristotele a Pitagora, Galileo esterna la propria opinione copernicana in una lettera del 1597 indirizzata a Keplero, tre anni prima che Giordano Bruno finisse sul rogo in Campo de’ fiori a Roma, per aver sostenuto, tra le altre tesi, la pluralità dei mondi abitati nell’universo. Gli studi condotti dal pisano non si riveleranno meno pericolosi, costringendolo all’abiura delle proprie convinzioni nel corso del processo intentatogli nel 1633.

Tuttavia, già nel 1604, è oggetto di valutazione da parte dell’Inquisizione l’attività di astrologo da lui condotta nel corso del suo soggiorno padovano – realizzava oroscopi personalizzati a pagamento, anche per illustri personalità, oltre che per sé e i suoi familiari. Nel 1611 sarà invece il cardinale Bellarmino a interrogarsi circa le possibili conseguenze, in ambito teologico, provocate dalla sua attività di osservazione dei cieli per mezzo del cannocchiale. La convinzione nel modello eliocentrico porterà Galileo ad esporsi, esternando i suoi ragionamenti per iscritto in un carteggio intrattenuto con una piccola cerchia di curiosi studiosi, tra cui anche Giuliano de’ Medici, la granduchessa Cristina di Lorena e un paio di alti prelati. Queste carte verranno impugnate contro di lui nel procedimento aperto presso l’Inquisizione di Roma su iniziativa di un frate domenicano di Firenze, Tommaso Caccini: è il 1615 e tra gli altri si trova davanti il cardinal Bellarmino, già giudice nel processo a carico di Giordano Bruno. L’accusa sostiene incompatibile il credo di Copernico con quanto contenuto nella Bibbia, e rincara la dose indicando il pisano come un cattivo cattolico – vengono addotte testimonianze un po’ “per sentito dire”, comunque sufficienti a procurare al Galilei poco più che una lavata di testa. Nel 1616 infatti, il papa ordina al Bellarmino di vincolare lo scienziato a una sorta di patto sulla parola: gli vien “fatto precetto di abbandonare del tutto quella dottrina e di non insegnarla, non difenderla e non trattarla”.

Tra i testi convocati figurava anche Giannozzo Attavanti, all’epoca destinato alla pieve di Sant’Ippolito in Castel Fiorentino, Giannozzo confermò che le conversazione intrattenute con Galileo riguardavano il solo ambito scientifico e solo quello, escludendo che lo scienziato avesse mai osato proferire in senso contrario alle Sacre scritture. Gli Attavanti, una delle grandi famiglie storiche fiorentine, qualche tempo più tardi avrebbero posato gli occhi sopra uno dei gioielli di famiglia di un’altra illustre dinastia, i Medici; e fu così che nel 1645 gli Attavanti si comprarono la Màgia, piccolo grande centro dell’universo quarratino.

P.S: si ringrazia il signor Andrea Nesti, per averci suggerito questa storia.

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