di David Colzi
settembre 2024
E’ sempre bello raccontare storie imprenditoriali che coinvolgono intere famiglie, soprattutto quando partono da zero, quasi come un azzardo, per poi trasformarsi in imprese di successo. Stavolta ci occupiamo della “Brigata Borchi” di Olmi, che il 9 agosto di quest’anno, ha festeggiato i primi dieci anni del proprio ristorante pizzeria, il Sant’Andrea. A rendere ancora più curiosa la storia è che quasi tutti i familiari venivano da esperienze lavorative diverse, quindi si sono dovuti arricciare le maniche e ricominciare da capo ad imparare un mestiere. Ecco i fatti.
Graziano Borchi, dieci anni fa lavorava come dipendente alle direttive in un’azienda nel comparto florovivaistico, finché la figlia Alessia, in cerca di occupazione, gli propose di aprire insieme un’attività di ristorazione. Il motivo è che lei, sebbene avesse un diploma di estetista/parrucchiera, aveva la passione per i dolci. Così, dopo un po’ di ricerche, trovarono un locale vuoto in via Statale 203, rimasto chiuso dopo ben sei gestioni precedenti, alcune consumatesi in breve tempo. «Far ripartire un posto come quello non era affatto scontato» ammette Graziano. «Pensa che prima di aprire dovemmo fare tutti corsi per avere le licenze in regola, e io, per un certo periodo, mi sono diviso fra il mio vecchio impiego e i corsi serali… insomma facevo lo studente lavoratore!»
A quel punto Graziano coinvolse anche la moglie Sabrina, che arrivava dal mondo dei ricami. Infine a completare il quadro famigliare, si aggiunse l’altro figlio, Manuel, che almeno lui era nel settore, avendo gestito con un socio il circolo Arci di Santomato.
La prima domanda è d’obbligo: perché ti sei lanciato in questa avventura?
«Soprattutto per stare con la mia famiglia. Col lavoro precedente, che mi dava tante soddisfazioni, non ero mai a casa e sentivo che stavo perdendo tempo prezioso per stare con loro. Adesso passiamo insieme 18 ore al giorno».
Voi siete la gestione numero sette. Agli inizi ci sarà stata un po’ di diffidenza da parte della clientela…
«Eccome! I primi cinque anni sono stati in salita, anche perché ci posizionavamo in un settore già pieno a Quarrata, con locali storici e molto affermati».
Sei contento di questa prima decade?
«Molto, e si è creato un bel rapporto con la clientela; qui abbiamo tante persone affezionate che vengono a trovarci sia per pranzo che per cena. Sono loro i primi a darci consigli su cosa e come migliorare».
E siccome la famiglia è bene tenersela stretta, oggi lo staff può contare anche su Roberta, la compagna di Manuel, e Daniele, compagno di Alessia; entrambi con precedenti esperienze nel settore. A loro si aggiungono altri due collaboratori.
Come sono divisi i ruoli di voi Borchi?
«Manuel la sera è un po’ il volto del Sant’Andrea, in quanto accoglie i clienti, mentre io lo sono a pranzo. Nel servizio serale io invece mi dedico alle pizze e mia moglie prepara gli impasti. Alessia sta in cucina».
In dieci anni il Sant’Andrea si è consolidato come un locale per famiglie, coppie e comitive, dove si mangia di tutto, dalla bistecca, alla pizza, con un occhio ai prodotti stagionali e con un menù che si rinnova a cadenza regolare. Poi ci sono ottimi vini e naturalmente birre, rigorosamente a marchio Poretti.
Progetti futuri?
«Chi lo sa» conclude sorridendo Graziano Borchi. «Qui siamo sempre in ebollizione e cerchiamo continuamente nuovi stimoli per proporre cose nuove».
A proposito di novità. Oggi fra i tavoli, si aggirano anche i figli di Manuel e Alessia, Andrea di 5 anni e Aurora 6; magari fra un po’ di anni saranno loro la terza generazione della “Brigata Borchi” a dirigere il Sant’Andrea. Staremo a vedere.