di Marco Bagnoli
giugno 2021
Torniamo ad incontrare Francesca Nardini, dopo la nostra chiacchierata sullo scorso numero, nel quale abbiamo ricordato il meritorio esempio della zia Clotilde, Giusta tra le Nazioni per aver protetto due bambini ebrei ai tempi della guerra, Silvano e Ornella Sorani. Stavolta però parliamo proprio di lei, di Francesca.
Francesca è originaria di Capannori, ma il lavoro in Comune l’ha portata prima a Pistoia, e poi, dal 2000 circa, qui a Quarrata. Oggi è in pensione, e nella sua vita, laureata in Storia, ha pure insegnato per alcuni anni. E la storia è proprio la sua passione di una vita. Già semplicemente vivendo in casa con la zia, e con un’altra sorella di lei, insegnante, Francesca si è resa testimone di una fetta importante della storia della nostra gente; e con l’andare del tempo ha poi approfondito queste sue conoscenze, aggiungendo fetta su fetta fino a ricomporre la grande torta della storia d’Italia.
Una storia che vista così sembra passata in fretta, eppure un po’ è rimasta nella foto d’epoca che Francesca non ha mancato di collezionare, assieme ad altri documenti niente affatto secondari di quegli anni, nei quali i re disfacevano (e a volte ricomponevano, come è il caso di Umberto II, “Re di maggio”, che restituì le case agli ebrei confiscate dal padre, Vittorio Emanuele III) la vita stessa delle persone, mettendoci poi la firma di proprio pugno. La vicenda delle persecuzioni non è mai un colpo di testa, ma purtroppo viene quasi sempre di lontano, si perde nei secoli, nelle convinzioni più ingiuste – fino a che, un giorno di settembre del 1938, d’improvviso si proibisce a qualcuno di fare il proprio mestiere, di andare a scuola, o di possedere una radio, in nome di una differenza di razza che non si può dimostrare. Perché, forse non lo si ricorda abbastanza, ma le razze non esistono. Esistono solo gli uomini. O le donne, se preferite.
Donne in vista, come la senatrice a vita Liliana Segre, che Francesca non ha perso occasione di conoscere (nel 1944 Liliana Segre era sullo stesso treno con la zia e una cugina di Silvano e Ornella, dirette ad Auschwitz dal binario 21, vendute ai fascisti per 10.000 lire); o donne meno note, francamente sconosciute, come Clotilde. Francesca ha ritirato nel 2018 la medaglia per conto della zia, e nel gennaio 2020 ha incontrato gli studenti di Vignole, su invito del Comune di Quarrata, per parlare di legalità. Certo deve essere stato difficile parlare del rispetto delle leggi, quando sono le leggi per prime che certe volte non rispettano le persone… Oggi Francesca se la sentirebbe di nuovo di andare e parlare, oggi che un’altra guerra ci viene dichiarata da un invisibile virus, e che altre guerre si accendono di nuovo e di nuovo seguitano a baluginare nella notte. Le abbiamo chiesto di cosa parlerebbe. E lei ci ha detto che racconterebbe di nuovo della zia Clotilde e dei due fratellini, perché parlare di loro è un po’ come parlare dei tanti altri che non si sono voltati dall’altra parte, e dei tanti altri che sono sopravvissuti. E ricordando i salvati non si potranno dimenticare i “sommersi”, come scrisse Primo Levi, tutti quelli che sono spariti.
Questa vicenda sarà con tutta probabilità tradotta al di là della Manica, grazie alla collaborazione di Francesca con lo scrittore inglese di origini italiane Max Bianconi. Tra le vicende che appartengono ormai alla storia ci saranno anche i molti ricordi che legano la nipote alla zia, annotati prima su carta e poi riversati sullo schermo del computer. Ma c’è un altro libro, del 2018, composto dalle riflessioni dei ragazzi delle elementari Montessori di Bollate, che porta nel titolo una frase che proprio una bambina disse a Francesca: “Ti prometto che non dimenticherò mai”. Se anche solo quella bambina ci riuscirà potremmo finalmente uscire al sole, perché sarebbe un giorno fortunato.