di David Colzi
ottobre 2012
Innanzitutto, so che a Giancarlo queste quattro pagine piene di scritto non sarebbero piaciute, perché come mi ripeteva sempre: <<con sei moduli si racconta una storia!>> Così come non gli sarebbe piaciuto dedicare in apertura, tanto spazio ad una persona che non c’è più, <<bisogna essere positivi>> diceva. Insomma, se tanto mi dà tanto, la nostra rivista senza di lui, è già partita con il piede sbagliato. D’altronde, io ho avuto la fortuna di conoscere bene lo “Zampini-pensiero”, dato che per cinque anni abbiamo lavorato fianco a fianco, sentendoci via cavo ogni giorno e vedendoci spesso, quasi sempre a casa sua in mansarda, dove abbiamo passato ore intere a parlare di tutto. Ho avuto anche la fortuna di vederlo in una veste inedita, quella di direttore responsabile, ruolo che ricopriva senza autoritarismi, in quanto voleva che le decisioni sui contenuti fossero condivise da tutti.
Certo, a volte non era facile raggiungerlo, perché era continuamente di corsa, preso dai mille impegni de La Nazione e TVL; così, non di rado, mi lasciava a piedi dando buca ai nostri appuntamenti, oppure faceva ritardi pazzeschi; ma poi riusciva sempre a farsi perdonare con una battuta o con una delle sue fragorose risate. Io, ovviamente non mi arrabbiavo mai, perché questo gioco del “rincorrersi” era da sempre la cifra del nostro rapporto di lavoro e di amicizia. Persino durante il suo ultimo viaggio, quando mi sono avvicinato per carezzare la bara, ho potuto appena sfiorarla, mentre i portantini lo avviavano verso l’ultimo giaciglio: anche allora non sono riuscito ad afferrarlo.
Lui andava sempre di fretta, e purtroppo per noi, ha avuto fretta anche di andarsene.