La terapia del viaggiare

La terapia del viaggiare

di Serena Michelozzi

settembre 2017

Dicono che viaggiare faccia bene, ma realmente quali sono i benefici di una vacanza? Sono solo lo staccare dalla routine, dai problemi lavorativi, il dedicarsi ai propri hobbies e il regalarsi del tempo libero? Sì, questi sono solo alcuni tra i più comuni vantaggi che ognuno di noi elenca una volta deciso di preparare i bagagli e avere prefissato la propria meta. In realtà vi è qualcosa in più. Varie statistiche scientifiche e psicologiche sono infatti riuscite a trarre le conclusioni su cosa significhi veramente “Viaggiare”, arrivando così a creare una lista di sette benefici che l’avventuriero acquisterebbe nel corso del suo soggiorno “vacanziero”.

Il primo effetto positivo, a guidare la classifica, è proprio l’abbassamento di un umore continuamente teso, stressato ed ansioso, dato ovviamente dai numerosi doveri ai quali dobbiamo adempiere nella nostra quotidianità. Ed è per questo motivo che ulteriori ricerche scientifiche consigliano al pubblico dei viaggiatori di recarsi in località più fresche, verdeggianti e ricche di ossigeno, a contatto con la natura, perché essa è vista come uno degli strumenti più efficaci per non cadere nella trappola delle movimentate metropoli e delle spiagge affollate. Tuttavia tutto ciò non depone certo a sfavore delle aeree urbane, che a volte sanno reinventarsi e adattarsi al clima estivo con parchi, viali alberati o percorsi all’ombra lungo i fiumi cittadini.

Secondo elemento in classifica è il miglioramento della capacità di decision making e problem solving: in altre parole, il giungere alla decisione della meta attraverso l’assemblaggio di tutti i pezzi dell’organizzazione del viaggio, ci aiuta ad essere preparati ed al contempo versatili. L’esser riusciti ad organizzazione l’itinerario della nostra vacanza ci fa sentire soddisfatti, psicologicamente pronti prima della partenza, e unici autori del nostro benessere. Inoltre questo sviluppo e presa di coscienza della propria capacità organizzativa potrebbe portare il nostro cervello, come la scienza ha ormai dimostrato, ad adattarsi a più situazioni e al cambiamento, facendo incrementare quel fenomeno che gli studiosi definiscono neuro-plasticità. In questo senso, come sostiene la Colombia Business School, il viaggio si trasforma in una vera e propria palestra per il cervello, che si adatta alle abitudini e alla lingua del luogo che visitiamo, ampliando la nostra visione del mondo, col risultato di sviluppare una maggiore attitudine cerebrale, il cosiddetto il “pensiero laterale”, che ci fa divenire più inclini all’elaborazione di soluzioni creative. 

Certamente la creatività nel progettare una nuova esperienza non deve essere sopraffatta dalla legge della società consumistica e, come affermano diversi esperimenti dell’Università di Stato di San Francisco: “l’impulso materialistico è fortemente dannoso per il presente e futuro benessere psicologico individuale”. Quindi è meglio far fruttare il nostro denaro per esperienze personali, le quali rafforzano ancor di più lo stato emozionale, perché, seppur brevi, hanno la capacità di lasciare un segno indelebile nella memoria a lungo termine sottoforma di ricordi e sensazioni, che resusciteranno di nuovo ogni volta che il nostro pensiero vorrà rivivere quel momento.

Altro effetto benefico, che diversi studi psicologici attestano, riguarda la relazione che si va ad instaurare tra la personalità e il grado di benessere che proviamo in un luogo specifico, e tutto questo ci conduce non solo alla scoperta di nuovi ambienti tranquilli o avventurosi, ma ci aiuta ad approfondire quello che siamo realmente. Viaggiare ci permette anche di approfondire e arricchire le nostre conoscenze, ma soprattutto di creare la cosiddetta “memoria ambientale” dei luoghi: in questo modo saremo in grado, un domani, in qualsiasi momento, di riportare alla luce quanto appreso dal nostro viaggio come bagaglio di conoscenza personale.

Infine, come ultimo vantaggio, gli studi individuano un rinforzo delle relazioni interpersonali e quotidiane, in particolar modo nella condivisione delle medesime esperienze o nel solo racconto del viaggio, che come sostiene un sondaggio di US Travel Association, diviene terapeutico per il benessere mentale e permette di incrementare la propria autostima. Insomma la meta non ha nessuna importanza, è la scienza ad aver ragione: viaggiare è un’attività che riporta stabilità, creatività e fiducia in noi stessi! 

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