di Carlo Rossetti
Ci sono i ricorsi storici legati ai grandi avvenimenti dell’umanità, ma ci sono anche i ricorsi della storia minore, quella ad esempio che riguarda gli automobilisti. Un accostamento da farsi con cautela, tenendo conto del diverso peso, ma adatto per introdurre l’argomento di oggi.
Una sessantina di anni fa, all’inizio della motorizzazione di massa, l’automobilista, nel periodo estivo, era costretto ad aprire il finestrino per non cuocere nella propria auto, essendo priva di qualsiasi impianto di climatizzazione. Così, pur essendo aria calda quella che proveniva dall’esterno, il riflusso che si produceva all’interno con la velocità, serviva senz’altro a dare un po’ di refrigerio. Aprendo anche il finestrino opposto a quello di guida, si otteneva una ventilazione più equilibrata, che andava ulteriormente controllata, quando ad esempio si muoveva una famiglia con dei ragazzi. Avvenivano allora grandi discussioni all’interno dell’auto.
Si trattava di aprire i quattro finestrini che, posizionati ciascuno in maniera diversa, potevano creare una sorta di “dosaggio”, per una corretta circolazione dell’aria. Siccome ai finestrini c’erano anche i deflettori, talvolta tutta la fase aveva una lunga e complessa attuazione. Si alzava un vetro, se ne abbassava un altro, si piegava leggermente un deflettore, mentre l’altro poteva essere chiuso, nel tentativo di soddisfare tutte le esigenze. Una serie di prove, “un’accordatura”, come un’orchestra prima del concerto. Non essendoci allora i finestrini elettrici, il tutto veniva fatto un po’ faticosamente, per mezzo della manovella inserita nello sportello. La più insofferente agli spifferi era sempre la madre, preoccupata per la sua messa in piega fresca di giornata, che nonostante il sostegno della lacca data a scialo, si sarebbe scompigliata e andata a farsi benedire con enorme danno per la propria immagine riveduta prima di partire. Dopodiché il viaggio poteva continuare tranquillamente.
Ma c’era un tipo di automobilista che, una volta abbassato il finestrino, metteva fuori il braccio e lo lasciava cadere lungo il fianco della macchina. Questo gesto gli consentiva un supplemento d’aria che, imboccata la manica della camicia, poteva, infiltrandosi, scivolare su altri parti del suo corpo. Ma era anche la dimostrazione di una certa disinvoltura, di una nonchalance, la prova insomma di una indubbia sicurezza di guida, sottolineata certe volte dalla palese ostentazione della mano infarcita di anelli e catenina al polso. Il braccio così esposto poteva servire altresì, in caso di sgarbo da parte di un altro automobilista, a indirizzare nei suoi confronti un’espressione non propriamente elegante e raffinata. Esternazione da accompagnarsi possibilmente con un gesto della mano che, trasformata in corna con la rapida sottrazione dell’indice e dell’anulare, serviva a indicare la possibile, eventuale, auspicabile condizione di cornuto, dell’antagonista stradale.
E di questi automobilisti en plein air, definiamoli così, se ne vedevano molti. Poi con le macchine delle ultime generazioni, dotate di climatizzatore, di cui si può con il computer determinare i gradi che si desidera all’interno, conoscere la temperatura esterna e così via, non c’è stato più bisogno di fare ricorso ai finestrini. E così, anche il gesto del braccio esposto all’aria, finì per diventare soltanto un ricordo, un costume accantonato.
Ora sembra che ci sia la tendenza a ripristinare l’usanza, tante sono le occasioni di vedere, viaggiando, cose del genere. E qui è facile notare due tipi di comportamento: quello più prudente che fa sporgere soltanto il gomito e quello invece dell’automobilista che mostra tutto il suo braccio ciondoloni. E’ vero che quest’anno è stata un’estate particolarmente calda che difficilmente poteva essere mitigata con gli impianti di bordo, specie delle piccole utilitarie, ma al di là dei gradi, sembra quasi un ritorno alla moda di una volta. A questo punto viene da fare una riflessione. Una cosa del genere è pericolosa e perciò da evitare, anche se non costituisce un’ infrazione del codice della strada per la quale l’automobilista possa essere multato.
Sappiamo che cinquanta, sessant’anni fa, si poteva correre pochi rischi dato il traffico limitato. Ora invece, con l’attuale sfrecciante, frenetico via vai di macchine, l’accaldato automobilista che mette fuori l’arto dal finestrino come un panno steso al sole, non sa di essere un possibile, futuro, “portatore di monobraccio”.