di Giacomo Bini
dicembre 2014
Alto e distinto, affabile ed elegante anche all’età di 94 anni Loris Baldi è uno dei pochi aviatori ancora in vita che abbiano militato nella Regia Aeronautica italiana e, dopo l’8 settembre del ’43, nell’Aeronautica Nazionale Repubblicana. Nel salotto di casa sua, appeso alla parete, si nota, in cornice, il disegno del suo aereo da combattimento, un caccia Messerschmitt Bf 109, da lui battezzato “Silva”, col nome della fidanzata e poi moglie Silvana. La storia di Loris, insieme ad altre simili, è riportata in un libro da poco uscito, scritto dal giornalista e storico Marco Petrelli, dal titolo A difendere i cieli d’Italia, edito da Ciclostile. «Fino al ’43 ho combattuto nell’Egeo» racconta Loris «con base a Rodi, negli aeroporti di Marizza e Gadurrà, da dove partivamo per le missioni sopra le coste della Grecia e nel Mediterraneo per vedere se c’erano convogli che partivano da Cipro».
Gli domandiamo dove si trovasse l’8 settembre del 1943, il giorno della comunicazione dell’armistizio. «Ero a Quarrata in licenza matrimoniale» ricorda Baldi «mi era stata concessa dal comandante perché ero affaticato dall’intensa attività svolta in agosto. Nei primi giorni di settembre mi sono sposato con Silvana. Poi si seppe dell’armistizio e allora mi domandai che fare e alla fine decisi di andare nel nord Italia». Perché ? «Per difendere gli italiani dai bombardamenti. Ero stato addestrato e preparato per questo e volli continuare a salvare la gente dalle bombe. Non c’erano ragioni politiche». Col grado di Sergente Maggiore Loris Baldi fece parte della prima squadriglia del 2° Gruppo Caccia “Gigi tre osei” dell’Aeronautica Nazionale Repubblicana con base ad Aviano. Il suo impegno consisteva nell’attaccare i bombardieri americani che sorvolavano l’Italia settentrionale. «Ci lanciavamo dentro un reticolato di esplosioni rosse» racconta Loris «era pericoloso ma era quello che dovevamo fare, l’attività che avevo scelto entrando in aeronautica e di cui ero innamorato».
Loris ci mostra la mano, spiegando la funzione di ognuna delle dita nel manovrare i comandi dell’aereo. E motiva così la sua passione per il volo: «non c’è al mondo nulla di più bello che sentirsi padroni in senso assoluto di un aereo; per questo ho fatto il concorso per l’aeronautica e questa passione mi ha sempre sostenuto anche nelle difficoltà». Eppure ci sono stati anche momenti terribili, di cui il più tragico fu quello del 2 aprile 1945 quando il suo aereo fu colpito. «Quando l’aereo si incendiò mi gettai col paracadute e per interminabili secondi non sapevo se si sarebbe aperto; alla fine riuscii ad arrivare comunque a terra sano e salvo». Baldi è un “asso” dell’aeronautica (viene definito così un pilota militare che ha fatto almeno cinque abbattimenti) ed ha avuto diverse medaglie ma non ama parlarne. Dopo la guerra Loris ha voltato pagina e non ha più pilotato un aereo. «Quello era un capitolo chiuso» dice «dopo ho avuto una vita molto intensa, avevo uno studio di geometra a Quarrata e ho progettato molta parte della città, edifici, strade, la struttura urbanistica. Ho sempre scelto di fare i lavori che mi piacevano. Poi mi sono occupato di cave di onice, sono stato dirigente di una multinazionale ed ho girato il mondo: Russia, Africa, Mongolia, dove sono stato l’ottavo italiano ad esserci arrivato dopo Marco Polo». Prima di salutarlo, consegniamo nelle mani di Loris il libro che parla di lui e di una parte della storia italiana, che, al di là dei giudizi storici, non era giusto dimenticare.