di Daniela Gori
dicembre 2020
La recente notizia della morte di Maradona ha lasciato nello sconcerto e nel dispiacere il mondo calcistico, ma anche i non addetti ai lavori che ne hanno riconosciuto comunque le doti singolari e il grande talento. Questo lutto che ha avuto un’eco mondiale, basti pensare all’omaggio degli All Blacks in Australia, ha avuto la sua risonanza molto da vicino anche nella nostra più appartata Quarrata. Perché qui c’è una persona che Maradona non l’ha visto solo sullo schermo televisivo o dagli spalti di uno stadio, ma lo ha conosciuto, ci ha giocato insieme ed è riuscito anche a metterlo in difficoltà in partita. Questa persona è Roberto Chiti, ex calciatore di serie A, adesso allenatore della Nazionale under 15 della lega nazionale dilettanti, di cui abbiamo anche già parlato sulle nostre pagine nel numero 3 del 2012. In quattro partite infatti, Roberto Chiti ha giocato contro il campione argentino, marcandolo stretto. «Una notizia che mi ha rattristato molto», ha detto Chiti, nei giorni immediatamente dopo la morte del Pibe de Oro «è stato un dolore. Maradona è stato il più grande, e non solo come calciatore, ma anche per la sua sensibilità d’animo che nonostante la sua sregolatezza lo portava a fare gesti di grande generosità». Aver giocato contro Maradona ed averlo tenuto a bada ma senza essere falloso è un ricordo di cui essere orgogliosi, dal momento che per fermare la carica prorompente del numero 10 del Napoli in tanti ricorrevano al contrasto fisico, e non mancava qualche brutale fallo.
«In campo era eccezionale, ma nelle situazioni in cui ci ritrovavamo vicini dialogava con me in modo amichevole. Lui stesso in partita mi disse: “Tu fai il tuo dovere, l’importante è che non mi fai male”. Era abituato ad essere marcato in modo aggressivo, ad essere mirato alle gambe, ma io riuscii a fermarlo pur facendo un gioco pulito», ricorda. Chiti si ritrovò faccia a faccia con il grande calciatore argentino, quando giocava nel Pisa e poi nel Cesena. «Conservo gelosamente la sua maglia con il numero 10, che mi dette come avviene di rito quando a fine partita ci si scambiano le maglie», dice Chiti, «era un istintivo, un uomo generoso. Se sapeva che qualcuno aveva un bisogno o un problema di salute, era il primo a farsi sentire, a portare il suo sostegno».