Marco Turi – il poeta del ferro

Marco Turi – il poeta del ferro

di Marco Bagnoli

dicembre 2013

Marco Turi è di Caserana, attualmente operaio del comparto tessile, sposato con Antonella e padre di Sabina, neo-laureanda in architettura (auguri). Il talento di Mr Turi sta nei suoi occhi, debitamente muniti di occhiali: Marco vede il ferro morto e lo porta a nuova vita. Facciamo un passo indietro. Il babbo di Marco era carraio, fabbricava carretti e barrocci, un artigiano che sapeva il fatto suo, un artista. La sua bottega ha preso nota degli aggiornamenti tecnici e meccanici che si sono avvicendati negli anni, come una specie di forziere dei pirati.

Un giorno, intorno al 2001, Marco si ritrovò a posare gli occhi sopra un mucchio di ferri per persiane, quelli che allineano una coppia di cardini e un paio di riccioli decorativi. Ed ecco che il mucchio di inutile ferraglia scompare e prende corpo l’intuizione dell’artista: scomposti, eppure aggraziati come spaghetti shanghai, quei ferri sono oggi una lampada verticale nella mansarda di Marco. L’idea ingegnosa dista ben poco dalla sua realizzazione spettacolosa, appena il tempo di una scartata dalla ruggine e qualche saldatura. E così, rovistando tra i ferrami della vecchia bottega del su’ babbo, Marco scorge un occhio, una gamba o una zampa di uno dei suoi tanti personaggi – basta sistemarli nel modo giusto e avere un po’ di fantasia. Molti sono animali, uccelli, draghi e dinosauri – poi vengono i crocifissi e soprattutto i presepi. I suoi lavori parlano così bene in lingua propria, che sembra quasi uno spreco di tempo star qui a scriverne. Non tutto salta all’occhio, bisogna essere svegli e buoni osservatori.

La prima cosa da dire è che Marco non utilizza il ferro come materia a sé, né scolpisce la creta per poi colare il metallo – non si considera affatto uno scultore: si “limita” ad assemblare il ferro già precedentemente forgiato nelle mille forme del nostro quotidiano. Anzi, di un quotidiano che è già stato, dal momento che sarebbe troppo facile entrare in una mesticheria e fare scorta di componenti: Marco usa soltanto il ferro vecchio, quello usato, magari quello buttato. Rugginoso e contorto. Toglie quella barba rossa e lascia il segno pulito dei lunghi anni trascorsi sotto le ragnatele di una soffitta o in mezzo alla guazza di uno scantinato. Sua moglie è contenta, i suoi animaletti popolano la casa, ma ormai creare è per Marco una cosa irrinunciabile, un vizio.

I suoi amici sono ancora più ammirati, quasi lo sfidano ogni volta che gli consegnano il rottame di turno; così facendo la sua collezione parla la lingua non solo del passato, ma in particolare del passato di Quarrata e dintorni. Marco Turi è di per sé schivo e riservato, ma le sue creazioni viaggiano, vedono gente e riscuotono successo. Non solo agli amici «ti piace?, è tua». Qualcosa realizza su commissione, come i suoi attaccapanni – altre le regala, ad esempio la lunga serie dei suoi crocifissi. Il suo primo presepe lo ha cominciato nel 2001 e l’ultima delle circa settanta statuette è arrivata nel 2010. È stato esposto l’anno scorso al polo tecnologico di Quarrata, conquistandosi il premio San Francesco. Dopo aver fatto bella mostra di sé per ben un anno, nell’ambito di un’esposizione permanente a San Giovanni Valdarno, Marco e un’altra artista sono stati scelti per rappresentare la Toscana a Roma; difatti in questi giorni il gruppo ristretto della capannuccia è esposto a piazza del Popolo nella loggia del Bramante – e magari vince il primo premio. La sua ultima fatica sono le statuette dei personaggi della Bella e la bestia, la favola Disney che parla proprio di un incantesimo che tramuta le persone in oggetti – ma uno sguardo attento non può tralasciare il lampadario conico che riassume le tre cantiche del padre Dante. Non solo “scultore”, anche poeta: ogni creazione esige un’apposita poesia, semplice come se n’esce dal cuore, che parla dell’opera e dei suoi pezzi vissuti, così come li ha visti Mr Turi.

Il poeta Marco Turi regala ai lettori, una poesia natalizia scritta appositamente per Noidiqua.

Un altro Natale
Nel presepe del mondo noi ci siamo
facciamo visita ai bambini
ai compleanni alle mamme
ai loro anni,
rincorriamo la stella a volte del nord
non sempre sicura
la stella del mistero della paura,
bagnati dal tempo senza volere
ma asciugati dal sole che nasce in inverno,
dormiamo supini ma pronti a partire
su strade deserte o nel caos del cuore
affollato da sempre
in cerca d’amore.

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