di Carlo Rossetti
dicembre 2017
Alcune biciclette addossate l’una all’altra fuori della porta in attesa di essere riparate; qualche motorino intorno anch’esso guasto e all’interno della bottega Mario Martini detto l’Artista, intento a lavorare, quasi sempre “assistito” da qualche amico in vena di chiacchierare.
La bottega, posta all’inizio di via della Repubblica, conteneva altre biciclette e una vecchia vetrina da salotto piena di pezzi di ricambio, di chiavi e di quanto altro potesse servire alla riparazione delle biciclette. Quasi sempre una era rialzata da terra per poterci lavorare più agevolmente, attaccata a due catene che pendevano dal soffitto. Una bottega bene avviata in cui Mario faceva anche piccole riparazioni su motorini.
Aveva cominciato il suo apprendistato da Parisio Baroncelli, primo biciclettaio di Quarrata, che occupava una piccola stanzetta accanto alla bottega del Caiani, per poi proseguire da Giuseppe Tempestini, altro meccanico di biciclette. Una volta imparato il mestiere si era messo in proprio. Mario aveva un buon carattere, sempre sorridente e con la voglia di scherzare, nonostante che seri problemi di salute ne condizionassero la vita, ma non da fargli perdere l’ottimismo. Era impossibile passare davanti alla sua bottega senza fermarsi ed era per questo che molti amici facevano tappa da lui per intrattenersi a parlare principalmente di sport. Naturalmente il ciclismo e il calcio erano gli argomenti più frequenti e Mario riservava per la squadra del Quarrata un tifo e una passione smisurati. Sempre presente alle partite che si giocavano in casa, nel caso non fosse potuto andare a causa della stagione invernale che lo costringeva talvolta a rimanere a casa, c’era qualche amico che andava a raccontargli non soltanto il risultato, ma tutto l’andamento dell’intera partita. Se nei pressi c’era una gara ciclistica amava seguirla con la sua lambretta per decine e decine di chilometri, tornando poi indietro in tempo per assistere all’arrivo. Quando il lavoro cominciò a prendere sempre più consistenza e lo spazio a disposizione non era più sufficiente, si trasferì nella bottega attuale in via Roma, approfittando del fatto che nel frattempo era cresciuto Massimo, il figlio, in grado di dargli una mano.
C’è un momento della vita di Mario che merita di essere ricordato, anche se riguarda l’aspetto strettamente personale, ma che mette in risalto il suo coraggio e la forza di carattere. Era nato con una malformazione al cuore e fin da ragazzo ebbe una vita limitata che gli impediva di prendere parte ai giochi coi compagni e che lo costringeva a dosare sempre le proprie forze. Sul finire degli anni Sessanta iniziò una nuova era per la cardiochirurgia, che permetteva interventi fino ad allora impensati; Mario decise di affidarsi a una équipe di Milano per un intervento. Quando chiese al chirurgo quante possibilità esistessero della riuscita dell’operazione, si sentì rispondere così: «Faccia conto di buttarsi giù da un quinto piano; se in quel momento passa un carro di fieno e lei ci cade sopra è salvo, altrimenti…». Fu una doccia fredda per Mario, ma dopo qualche minuto di sconcerto e di riflessione, rispose che voleva essere operato. Tanta determinazione e tanto coraggio stupirono i medici che avevano cercato di dissuaderlo dal fare l’intervento. Fu operato e salvo qualche complicazione poté ritornare alla vita di tutti i giorni. Successivamente dovette subire altri due interventi, che non scalfirono però la voglia di andare avanti.
Un grande esempio di forza d’animo, di ottimismo e di volontà di vivere. Ritornò nella sua bottega di via Roma, ma lasciando il comando a Massimo, mentre lui si occupava delle relazioni e la conversazione con amici e clienti. Una persona da ricordare, un caro amico che purtroppo ci lasciò molto presto.