il Moderno

il Moderno

di Daniela Gori. Ph: Foto Olympia

settembre 2015

Tutti i centri abitati cambiano volto a poco a poco; l’urbanizzazione deve obbedire a nuovi criteri, e per chi ha negli occhi e nel cuore da sempre l’aspetto della propria città come da una vita l’ha conosciuta, non resta che la nostalgia per gli spazi del ricordo. È il prezzo da pagare al progresso: l’architettura urbana obbedisce ai nuovi e più razionali principi, tutto si trasforma in base alle ultime esigenze e la metamorfosi non ha risparmiato neppure Quarrata. Così, dopo la riqualificazione della ex area Lenzi e il parcheggio in piazza della Costituzione, una “nuova sistemazione” toccherà anche al Cinema Moderno, che dopo aver subito già varie ristrutturazioni verrà raso al suolo. Diventerà un giardino, come prima della sua costruzione in un tempo lontano, quando nei ricordi dei bisnonni lì c’era un gran prato dove veniva il circo. 

Lo stabile è nato a fine Ottocento su un’area comunale come sede della Società operaia di stampo liberale, promossa dalla famiglia Sarteschi e probabilmente, come tutte le società di mutuo soccorso, di origine laica e ispirate al pensiero solidale mazziniano. Negli accordi della concessione gratuita dell’area, scorporata dalla piazza del Mercato, c’era il vincolo di destinare un locale al Consiglio comunale e di darlo in affitto al Municipio per le aule scolastiche prima della Grande guerra. Durante il ventennio fascista gli ambienti della Società operaia vennero requisiti per trovare dei locali dove sistemare l’Opera balilla. Ma a lungo l’edificio è stato per tutti la “Pipiona”, ricordando il Ppi di don Sturzo, anche quando l’aria di rinnovamento del boom economico ne aveva trasformato il nome in Moderno, un luogo d’incontro pieno di vitalità e di gioventù desiderosa di svago. Frequentatissimi erano i veglioni a carnevale organizzati da Arzelio Belli: si toglievano le seggiole del cinema e via, tutti a ballare.

 

«I giovani quarratini dicevano “si va a ballare alla Pipiona”.» ricorda l’ex sindaco Rosita Testai «Il Moderno si contrapponeva alla Casa del popolo, ma i due locali avevano lo stesso scopo: stimolare l’aggregazione e la solidarietà». La cortina di ferro si rispecchiava nel microclima sociale: se al Moderno invitavano a cantare Albano, di là rispondevano con il concerto di Gianni Morandi e spesso le ideologie si confondevano con i gusti musicali. «A noi ragazzine piaceva molto Mal, ma quando venne Albano ci facemmo fotografare con lui. Ricordo che era molto più basso di me e per non sfigurare al momento dello scatto della foto lui si mise sulle punte dei piedi» racconta Roberta Baroncelli, attualmente stimata professoressa di inglese, ma all’epoca scatenata teenager. Poi vennero i bei tempi del cinema, quando «negli anni settanta, da ragazzi andavamo a vedere i film thriller o “osé” e qualcuno commentando a voce alta dava spettacolo nello spettacolo» racconta Massimo Cappelli. «La domenica pomeriggio per i cinefili era l’apoteosi: doppio film, quello del sabato più quello domenicale. Ricordo anche il pittore Carlo Giacomelli, che viaggiava con lapis e taccuino in tasca, e faceva il ritratto ai vecchietti lì fuori che giocavano a carte».

Quando nella seconda metà degli anni Settanta fu chiuso il cinema per problemi di sicurezza, rimase per un po’ sede di Dc e Cisl e negli anni Ottanta venne usato come saloncino per congressi. «Ci vennero Andreotti e il ministro della difesa Lelio Lagorio» ricorda ancora Rosita Testai. Oggi questa area ritorna al Comune, che dopo averla riacquistata dal ministero dello sviluppo economico per 50 mila euro, ci farà un giardino come era in origine, mentre le associazioni come Proloco e Telefono Azzurro saranno forse ospitate nei locali al piano superiore, sopra il bar adiacente. Ormai da un pezzo i bei tempi del Moderno sono finiti, il Novecento è passato remoto e di un secolo di storia quarratina resterà traccia solo nelle cartoline e nelle foto ricordo sbiadite dal tempo. 

Per le immagini storiche si ringrazia la famiglia Belli.

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