di Massimo Cappelli
giugno 2015
Verso la fine degli anni Sessanta, Quarrata vide una costruzione a dir poco eccezionale per l’epoca: il palazzo di vetro del Lenzi, una grande mostra di mobili costruita in Via Montalbano dove era situata la vecchia casa di Paolino Nannini, storico venditore ambulante di formaggio e generi alimentari. Questo grande show room si sviluppava su sette piani ed era proprio dove adesso ci sono appartamenti e uffici, dove c’è lo studio notarile Bafunno e dove, al piano terra ci sono la Pasticceria Mearini, i due negozi della Benetton e Ottica Helios. Per quanto mi riguarda, il palazzo di vetro del Lenzi, era l’orgoglio di Quarrata, un vero e proprio monumento all’arredamento. La costruzione fu realizzata da una ditta di Stabbia, erano i tempi in cui anche in Italia, seguendo il modello americano a distanza di qualche anno, si ergevano grattaceli come simbolo di modernità e di potere, forse anche in contrapposizione al crescente potere del comunismo sovietico. La maggior parte di essi erano dei veri e propri orrori, specialmente dopo qualche anno, non potendo fare un’accurata manutenzione come la facevano, appunto, in America. Il nostro palazzo di vetro però era diverso, assomigliava ai suoi simili di oltre oceano non per altezza, ma per impiego di materiali: infatti su tre lati non si vedeva la struttura, ma si notava solo il vetro e dietro ad esso delle tende plissettate color azzurro chiaro che rendevano la struttura imponente, maestosa ed elegante.
Chi come me, ha già passato qualche primavera, ricorderà che Il retro del palazzo, confinava con il terreno della Casa del Popolo. La costruzione, come dicevamo, era su tre lati tutta in vetro e soltanto il retro era in cemento armato. Dalle travi di cemento nella parete posta sul retro, usciva lateralmente la fine dell’armatura fatta di tanti lunghi tondini in ferro, come quando si intende proseguire con la costruzione. Qualcuno, conoscendo le idee politiche di Luigi Lenzi, diametralmente opposte ai frequentatori della Casa del Popolo, aveva inteso questo, come un silenzioso e implicito messaggio di distruzione rivolto ai confinanti.
In quegli anni, fine Sessanta primi Settanta, Quarrata aveva due sale cinematografiche, il Moderno e il Nazionale e quasi tutte le domeniche, all’età di dodici/tredici anni, con i miei amici passavamo interi pomeriggi d’inverno al cinema. A causa del doppio programma (ovvero due film al prezzo di uno) poiché proiettavano anche il film del giorno prima, dalle tre di pomeriggio uscivamo verso le sette della sera e a quell’ora, la nostra meta più ambita, era proprio il palazzo di vetro Lenzi. Mischiati ai clienti e magari stimolati dal film d’azione appena visto, percorrendo i sette piani della grande mostra, davamo origine a delle scorribande pazzesche. Quando inevitabilmente venivamo richiamati dal personale che ci chiedeva chi ci avesse fatto entrare, noi, spavaldi, rispondevamo che sulla porta c’era scritto “ingresso libero” e per questo eravamo, liberamente, entrati.
Questa costruzione però, come ci ha raccontato Bruno Pagnini, ha creato non pochi problemi, perché i vetri, forse a causa della scarsa tecnologia di allora, ogni tanto venivano giù, per fortuna sempre senza gravi conseguenze. Io credo che il Palazzo di Vetro sia stato un ultimo tentativo dei Lenzi per riconfermare il loro potere nel territorio; non dimentichiamo che questo è documentato anche dalle foto, che alla inaugurazione della mostra, vennero molti influenti personaggi politici e manager dell’epoca, compreso il gran maestro della loggia massonica P2 Licio Gelli, allora direttore della Permaflex. Tuttavia, di lì a poco, iniziava il declino dell’impero Lenzi che durava da oltre cinquant’anni. C’è da dire però, e di questo bisogna dare il merito a questa grande famiglia quarratina, che dopo la loro decadenza, a Quarrata sono nate centinaia di piccole e grandi aziende, che hanno portato, per gli anni successivi, tanto lavoro e tanto benessere a tutto il territorio.
Oggi il palazzo di vetro non esiste più, negli anni Novanta, come ho spiegato prima, fu trasformato in un banale condominio, ma sicuramente è rimasto nella memoria di molte persone, che insieme al suo ricordo conservano anche l’orgoglio di essere stati abitanti di Quarrata, ai tempi del suo splendore di Città del Mobile.
Per la realizzazione di questo articolo, si ringraziano Andrea Giovannetti e Roberto Rapezzi.