di Linda Meoni
settembre 2014
Porta il nome di una degli aforismi greci più conosciuti: Panta rei. Perché “tutto scorre”, niente è mai uguale a se stesso, il momento è qui e ora. Lo sanno bene i ragazzi del centro Socio Riabilitativo Panta Rei appunto, situato a Ferruccia e nato nel 2006 per volontà congiunta dei tre Comuni della Piana e della Asl3 di Pistoia, con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia e la gestione della cooperativa sociale Seaf. Qui il sorriso è di casa, qui è dove la voglia di stare insieme non si assopisce mai.
Qui da Panta Rei, una struttura per giovani diversamente abili che hanno terminato il percorso scolastico e che non hanno la possibilità di accedere a percorsi formativi, professionali o lavorativi, non ci si ferma mai: artigianato, cucina, giardinaggio o teatro, fino alle attività più strettamente specialistiche che prevedono il coinvolgimento di esperti come fisioterapisti, musicoterapisti, psicomotricisti e esperti di idromotricità. Uscite settimanali a musei, ristoranti, cinema o concerti, per inseguire l’obiettivo dell’apertura del centro verso l’esterno, ma anche un lavoro “in entrata”: il centro infatti ha aperto le porte diverse volte a ospiti come pasticceri, dentisti o maestri orafi, che hanno illustrato ai ragazzi il loro lavoro. Anche lo sport è un ottimo collante, come testimonia il rapporto costante con la Valentina’s Bottegone del basket, così come la vita comune, attraverso la partecipazione a feste paesane. Tutto il resto lo completano la voglia di esserci e l’entusiasmo dei ragazzi che hanno contribuito a suo tempo alla messa in scena di rappresentazioni teatrali e alla realizzazione di calendari.
Una quindicina o poco meno i professionisti che si affiancano ai ragazzi, attualmente diciotto, che presentano disabilità diverse, più o meno gravi e che trovano una risposta al loro bisogno di “diventare grandi e consapevoli dei loro limiti e delle loro capacità” attraverso la sperimentazione diretta di attività laboratoriali dal lunedì al venerdì. «L’obiettivo primario» spiega la coordinatrice Roberta Stefanelli «è quello di offrire all’ospite uno spazio che tuteli il suo diritto a vivere in un ambiente ricco di stimoli sul piano della crescita e sereno sul piano dei rapporti con gli altri». Niente avviene casualmente a Panta Rei, si segue l’inclinazione del ragazzo e lo si rende partecipe di quelle attività che sono a lui più adatte, perché qui «c’è attenzione alla persona, non alla patologia». L’invito del centro è quello di imparare a conoscersi, passando attraverso il sostegno dei conduttori e del gruppo specifico di lavoro nel quale i giovani vengono inseriti. È proprio nel gruppo che risiede l’approccio più frequente del centro: è così che la persona si trova nella condizione «di vivere delle situazioni anziché raccontarle».
E anche se una ricetta esatta per fare un buon lavoro non esiste, la leva che più sembra funzionare è quella che punta a far crescere le relazioni, non solo attraverso le parole, ma anche attraverso il movimento e il corpo stesso, lasciando spazio al linguaggio non verbale. Complice perfetto di un sistema che funziona, come testimonia chi questo centro lo frequenta abitualmente, è il gioco, da svolgersi in lentezza. Perché quel che importa non è quanto si fa, ma come lo si fa.