La poesia è giovane!

La poesia è giovane!

di Serena Michelozzi

settembre 2015

Pensate che l’era della poesia sia finita? Certo quando si parla di Noi, della “nuova generazione”, il cui stile di vita è indubbiamente caratterizzato dall’ampia diffusione delle tecnologie, ci vengono attribuite diverse mancanze: tra queste, la progressiva assenza di fantasia e di sensibilità. La nostra attenzione pare infatti essere attirata soltanto dai social, dai selfie e compagnia bella… così da sembrare quasi che abbiamo dimenticato il piacere di riempire le nostre giornate con qualcosa che provenga dal cuore. Sembra dunque che i giovani di oggi abbiano perso la capacità di pensare e di esprimersi come un tempo, attraverso la Poesia, quella vera!

La poesia è coinvolgente, anche astenendosi dal comporre, chiunque si approcci alla lettura di una poesia, scopre che le parole dei poeti toccano corde molto intime. Leggere i versi di una poesia, infatti, può far sprofondare il lettore nei sentimenti e nelle emozioni che il poeta provava e che si evincono dalle parole e dai suoni della sua opera. Tutte quelle emozioni rievocate dischiudono il mondo interiore di chi legge e lo inducono a scrutare tra i sentimenti più nascosti, segreti e personali. E’ vero che può apparire, a primo acchito, un po’ complicato e impegnativo e così pochissimi ammettono di leggere versi e di interessarsi a tale passione. Così i versi di grandi poeti ed artisti finiscono per rimanere racchiusi tra le pagine dei libri, tra quei banchi di scuola in cui per la prima volta Leopardi o Foscolo ci furono presentati, ma che non vorremmo più incontrare. Solo a sentir nominare la parola “poesia”, riaffiorano nella mente i ricordi della professoressa d’italiano che, la scorsa settimana, puntando la penna sul registro in corrispondenza del nostro nome, ci ha chiamati alla cattedra per l’interrogazione. La richiesta più frequente? Analizzare la poesia dal punto di vista della metrica, senza dimenticare il livello sintattico e tematico.

E allora ricominciamo a pensare al pomeriggio in cui, anziché star lì, seduti davanti a quel libro che aspettava solo di essere sfiorato dalla punta della nostra matita, con la quale avremmo suddiviso in sillabe ogni verso e sottolineato ogni figura retorica, abbiamo preferito ascoltare della buona musica. Eh già, essa sì che ci permette di chiudere gli occhi e sognare! Anche la poesia può far sognare, ma purtroppo capita spesso che la poesia, alla quale ci si accosta per la prima volta sui banchi di scuola, ci venga insegnata solo come un esercizio di analisi strutturale, e ciò ci impedisce di immedesimarci nelle emozioni che il testo comunica. Eppure la stessa musica, se vogliamo, alla fine è poesia. E quindi perché versi di musica sì, e versi di poesia no? Perché la poesia a scuola non ci viene insegnata come musica, ritmo, insegnamento di vita ed emozione, ma sterilmente come mera analisi metrica. Se approcciata così, chiunque la troverà noiosa e non si avvicinerà mai con passione ad essa. Ergo, molti insegnanti dovrebbero rivedere il loro metodo di comunicazione e di interazione con gli alunni, ciò che insegnano deve “arrivare” e “restare”.

Anche la società dal canto suo dovrebbe sensibilizzare ed aiutare la componente giovanile a riscoprire varie forme di creatività, e nel caso di specie Quarrata organizza ormai da molti anni il Concorso internazionale di Poesia “Città di Quarrata” (a marzo 2015 si è svolto il 34esimo), promosso dal grande Vivaldo Matteoni nel 1982. Quello che più colpisce, è il fatto che ai vari concorsi ha partecipato gente di ogni estrazione sociale e d’ogni età. Sì, proprio ogni età, dunque, anche quella giovanile.

La verità è che tutti possiamo amare la poesia. Certo, scrivere un testo poetico è un’impresa assai difficile. Se ci sono emozioni che non siamo ancora capaci di provare e comprendere pienamente, come possiamo rendere gli altri partecipi dei nostri pensieri più profondi? Così, spesso, lasciamo questo compito ai poeti ed ai musicisti dei testi delle canzoni e ci limitiamo a “sentire dentro” i componimenti degli altri. Che sia la società stessa che ci invita a reprimere i nostri sentimenti, spesso provati con vergogna? Come sarebbe bello poter dire di aver letto Prévert senza correre il rischio di essere inclusi tra gli ultimi dei romantici!

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