di Alessandro Pratesi
dicembre 2023
Il Legislatore ha previsto, allo scopo di incentivare il ricorso a polizze e strumenti previdenziali, specifiche agevolazioni fiscali: il principale strumento è rappresentato dalle “forme pensionistiche complementari”, il cui fine è l’integrazione di quella che, al termine della carriera lavorativa, sarà riconosciuta come rendita pensionistica. Si citano, fra gli altri, i fondi pensione aperti, i piani individuali pensionistici (Pip) e i fondi pensione negoziali.
Fondi pensione aperti. Istituiti da società di gestione del risparmio (SGR), compagnie assicurative e banche, possono aderirvi una vasta platea di soggetti: lavoratori dipendenti, lavoratori autonomi, professionisti.
Piani individuali pensionistici (Pip). La loro gestione è affidata alle compagnie assicurative e sono disponibili in varie forme di polizze vita, quali contratti di ramo I, di ramo III o combinazioni tra le due forme. I Pip possono raccogliere adesioni solo su base individuale e non vi sono limitazioni soggettive, poiché sono destinati a chiunque vi abbia interesse.
Fondi pensione negoziali. Previsti dalla contrattazione collettiva, nazionale o aziendale, permettono l’adesione esclusivamente alle singole categorie individuate dai relativi accordi, con i lavoratori dipendenti che fruiscono anche del contributo del datore di lavoro.
Aspetti fiscali. Indipendentemente dalla loro natura, le varie forme pensionistiche integrative soggiacciono alle stesse regole, con una tassazione dei rendimenti (non dei premi versati) pari al 20% e con la possibilità, di sicuro interesse, di dedurre gli importo versati a titolo di premio fino al limite di 5.164,57 euro annui. È evidente, quindi, che maggiore è il reddito è più significativo sarà il vantaggio fiscale, considerato che le aliquote crescono in proporzione al reddito imponibile. Da non trascurare che è consentito stipulare un contratto a favore dei figli o del coniuge e, sul punto, si segnala che sono allo studio misure per aumentare il limite di importo massimo ammesso alla deduzione fiscale. Il meccanismo di funzionamento è semplice: determinato il reddito, si sottrae dal medesimo l’ammontare degli importi destinati alla previdenza complementare e tale operazione determina, evidentemente, un risparmio d’imposta. Nella scelta dell’investimento, peraltro, occorre tenere presente l’Isc (Indicatore sintetico di costo), disponibile anche sul sito Ivass (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni) che consente di operare comparazioni con forme complementari alternative.
Da non trascurate anche le “polizze di protezione”: vita, infortuni, invalidità ed eventi calamitosi. I premi annuali beneficiano di una detrazione d’imposta (si abbatte l’imposta e non il reddito, come avviene, invece, nel caso delle deduzioni) nella misura del 19%, nel limite massimo di 530 euro per le assicurazioni rischio morte o di invalidità permanente e di 1.291,14 euro (al netto dei premi per assicurazioni inerenti al rischio morte o di invalidità permanente) per le polizze stipulate a fronte del rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana (Ltc). Si ricorda, infine, che dal 2016 è salito a 759 euro l’importo detraibile per le assicurazioni stipulate per tutelare le persone con disabilità grave.