di Linda Meoni
giugno 2015
Paese che vai, problema che trovi. Perché anche le usanze mica si usano più tanto. Ma i problemi, quelli sì, ne nascono di continuo come funghi. E spesso anche fuori stagione. Prendi, per esempio, uno di quei grandi appuntamenti che la città aspetta ogni anno con fermento e trepidazione: i fochi di San Giovanni.
Quest’anno a Firenze i soldi per i fochi non ci sono. E allora che si fa? “Chiediamo un euro ai cittadini”. Perché i fochi son di tutti e in tempi di vacche magre ci si stringe l’un con l’altro. E poi c’è Pitti, la grande fiera del bizzarro, dove ti può capitare di vedere calzini in testa e cappelli ai piedi della gente. Tutto rovesciato, un po’ come va il mondo oggi. Vale il biglietto, così dicono. Sarà. Sarà che io, davanti al serpentone dei viali intasati e delle “code per curiosi” degne del più spettacolare incidente, il mio biglietto l’ho già pagato. E poi c’è la tramvia, l’ecologica soluzione che svuota i viali di cui sopra. Una bella usanza (ancora lontana dal completamento), pronta a diventare un problema in men che non si dica. Perché tramvia vuol dire cantieri, vuol dire viabilità congestionata, vuol dire concerto assicurato di clacson impazziti. Ma stringiamo i denti, continuiamo con la fila, sicuri che si smaltirà.
E poi c’è il gergo dei parcheggi che qui, e solo qui (o no?), striscia bianca non vuol dir sosta libera. Che striscia blu, quella sì, almeno quella è linguaggio universale: pagare. Sulla striscia gialla ho ancora qualche riserva. Di certo c’è che qualche dubbio su quanto ho imparato a scuola guida mi è venuto.
E i turisti? Da risorsa a intralcio per chi invece in città si trova non da villeggiante ma da lavoratore. Avere fretta è una condanna a morte se davanti hai una comitiva di americani impalati (giustamente) a guardarsi le bellezze di questo museo a cielo aperto. E i parcheggi? Ah, di quelli ho già parlato, ma non ho detto che non è solo un problema di daltonismo. È anche un problema di posto, che qui, in questa città tanto bella quanto infernale, non si trova mai.
E il caldo? Qui è soffocante più che altrove. Ma quando poi invece pranzi a pane e lampredotto, mandi giù con un sorso di rosso, passeggi in mezzo alla cultura che pulsa, tutto passa. E se poi hai la fortuna di chiudere la giornata ammirando il sole che si tuffa come un biscotto nell’Arno, tutto quel lamentarsi non diventa altro che un lontano ricordo.
Vi porto un bacione a Firenze. Sempre che, comunque, non resti incastrato nel traffico. E buona estate a tutti.