Raffaello Cerri “il Cerrini”

Raffaello Cerri “il Cerrini”

di Massimo Cappelli

dicembre 2014

È il 6 novembre e da un manifesto funebre apprendo che è venuto a mancare Raffaello Cerri. La cosa mi sconcerta non poco, soprattutto perché lo conoscevo e perché, con Raffaello, ci siamo visti non più di dieci giorni or sono per stendere il pezzo che andrete a leggere. Avendo pubblicato con il nostro giornale, centinaia di interviste, anche a persone anziane, è capitato che dopo qualche tempo queste persone siano decedute (e non solo gli anziani purtroppo). Fino ad ora però non era mai successo che un nostro personaggio ci lasciasse nel tempo che intercorre fra un’intervista e la sua pubblicazione. In genere, noi non facciamo mai leggere il contenuto dell’articolo all’intervistato, ma in questo caso parliamo di gioco d’azzardo, quindi di un tema sensibile e il direttore Giacomo Bini ha voluto la liberatoria firmata, per cui Raffaello ha debitamente letto e approvato quanto segue. Mi commuove il fatto che se avesse dovuto attenderne la pubblicazione, non avrebbe mai letto di sé. In redazione abbiamo deciso di lasciare l’articolo così, in tempo presente, come lo ha letto e approvato lui. Appropriandoci di due termini usati nel lessico del poker (perché di questo si parla) il Cerrini, ha visto ma è andato via… battendo tutti anche questa volta.

Chissà perché tutti quelli che si chiamano Cerri, a Quarrata, li chiamano Cerrini, mah. Nel caso del nostro Raffaello però, il diminutivo è proprio fuori luogo, perché lui è veramente un grande! Ho incontrato suo figlio Roberto in piazza Risorgimento, allo stand di NoiDiQua, nell’ambito del Settembre Quarratino, mi ha espresso il desiderio di fare un pezzo su Raffaello e io mi sono catapultato a chiacchierare un po’ con lui.

Raffaello Cerri, classe 1930, per tutta la vita ha fatto il falegname, ma il Cerrini, molti lo ricordano e lo ricorderanno soprattutto per le sue due grandi passioni: il gioco delle carte e la caccia. Lui prediligeva i giochi spinti, prevalentemente il poker. Vinceva quasi sempre, difficilmente si alzava in perdita perché, come dice lui: «il gioco del poker bisogna saperlo gestire, soprattutto bisogna gestire sé stessi e perdere poco quando non passano le carte». Chi conosce questo gioco sa che è basato sulle grosse puntate ma soprattutto sul bluff, ovvero sullo scoraggiare gli avversari facendo creder loro di avere carte vincenti quando non è vero. Per cui, oltre a gestire il gioco, un bravo giocatore deve saper gestire le proprie emozioni e deve, invece, leggere i comportamenti degli avversari. Nel poker è importante essere scaltri, impenetrabili e anche un po’ psicologi. Raffaello era tutto questo: dal suo aspetto non traspariva la minima emozione e lui, invece, dal linguaggio del corpo riusciva a capire lo stato degli avversari: «Tizio» ci racconta «quando era in bluff, si toccava la bocca con una mano, Caio invece si mordeva il labbro e Sempronio diventava tutto rosso».

Eppure, osservandolo bene, il Cerrini è un soggetto introverso, è di poche parole e non si pone mai in prima persona. Questo suo comportamento però, unitamente alla sua grande furbizia, gli consentono di osservare e di ascoltare, elementi fondamentali non solo del gioco del poker ma NELLA VITA, elementi che aiutano a CAPIRE, e quando uno riesce a capire è molto facile che riesca ad avere quasi sempre la meglio sugli altri. Mi ricordo bene, che nella seconda metà degli anni settanta, quando frequentavo il Bar Cristallo in via Montalbano, diverse sere, nelle stanze sopra al bar, c’era la “bisca clandestina”: quattro giocatori di poker, immersi nella folta nebbia creata dal fumo delle sigarette e altrettanti spettatori a far da cornice. Erano i tempi del secondo boom economico, l’era “post Lenzi” che a Quarrata aveva generato tanti facoltosi imprenditori. Nelle stanze sopra al bar circolava molto denaro, e nove sere su dieci, quando a fine serata, i giocatori scendevano puzzolenti di fumo e con gli occhi gonfi, il Cerrini scendeva quasi sempre… contento.

Mi viene da fare una considerazione che non c’entra niente con il nostro personaggio: queste persone sarebbero state perseguibili per legge, poiché il gioco d’azzardo, allora come oggi, era vietato sia nelle case che nei locali pubblici. Molto probabilmente (credo, non avendo letto la legge) perché lo stato vuole tutelare i suoi cittadini dalla rovina. Come si spiega allora, perché proprio lo Stato, in accordo con le mafie che gestiscono miliardi e miliardi di euro con le slot machine, nelle sale giochi e in quasi tutti i bar italiani, oggi ci fa la cresta? È proibito solo il gioco d’azzardo che non fa entrare soldi nelle casse dello Stato? Uno Stato “metresse”, che ogni giorno contribuisce alla rovina di tante oneste e sciagurate famiglie. Ma questa è un’altra storia, scusami Cerrini, mi sono distratto un attimo, ma almeno te, i soldi tu li pigliavi a chi li aveva!

Lui mi guarda e ride, ridendo gli si illumina il volto e esclama: «te scrivi, scrivi Cappelli, ma tanti non saranno mica contenti di leggere, sai, e quando morirò» prosegue orgoglioso, «non saranno in molti a piangere».

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