di Serena Michelozzi
dicembre 2016
Luci, colori, vicinanza, calore, tradizione, auguri e sorrisi… tutti termini che riconducono al Natale, periodo dell’anno in cui ci sentiamo tutti più vicini e che soprattutto noi giovani viviamo con particolare gioia e serenità. Torneremo allora indietro nel tempo, nella nostra Roma antica, per analizzare le particolari origini della festa più sentita e coinvolgente della tradizione cristiana, il Natale appunto. Tracciando una linea a ritroso nella storia e nella cultura, possiamo trovare numerose similitudini tra il Natale Cristiano e la celebrazione pagana dei Saturnali nell’antica Roma.
I Saturnali ebbero luogo nella Roma antica (e prima ancora nell’antica Grecia dove l’equivalente di Saturno era il Dio Kronos, il tempo che scorre) circa dal 270 a.c. Nei giorni tra il 17 ed il 23 dicembre, non a caso i giorni prossimi ed immediatamente successivi al 21 dicembre, vale a dire nel solstizio d’inverno (giorno più corto dell’anno), le genti pagane mandavano agli Dei i loro propositi spirituali per il nuovo anno solare con l’augurio che, come le giornate dal 22 sarebbero ricominciate ad allungare, allo stesso modo anche lo spirito delle persone potesse trovare rinnovamento e nuova luce nei propositi di coscienza del solstizio.
I Saturnalia erano delle celebrazioni in onore del dio Saturno che, cacciato dall’Olimpo da Giove dopo esser stato detronizzato durante la Titanomachia (battaglia dei Titani), trovò rifugio nel Lazio, e qui fu accolto come protettore dell’agricoltura e degli allevamenti. I Romani credevano che durante il periodo invernale, quando la terra riposava ed era incolta, il dio Saturno vagasse nel mondo dei vivi; bisognava quindi indurlo a ritornare nell’aldilà affinché favorisse i raccolti della nuova stagione estiva. Così i Romani lo onoravano con doni e sacrifici durante la festa dei Saturnali. Nel corso di questi 6 giorni a Roma veniva sospesa ogni genere di attività pubblica e privata, i possenti ed impavidi gladiatori davano spettacolo nelle arene dell’impero, il vino scorreva a fiumi, gli schiavi venivano liberati e banchettavano insieme ai loro padroni. C’erano gli alberi di Natale, (eccome se c’erano!) perché questa nostra usanza deriva da tali tradizioni antichissime. Durante i saturnali i romani erano soliti ornare e decorare gli abeti con una grande e propositiva coscienza. Infatti le decorazioni che venivano adagiate sopra i rami dei sempreverdi, altro non erano che propositi spirituali per il nuovo anno solare che i festanti tramite l’abete mandavano all’attenzione del dio Saturno stesso.
Perché proprio gli abeti? Per la loro forma: essi hanno una radice larga e robusta che simboleggia il piano terreno, ed il loro raffinarsi nell’allungamento fino ad esaurirsi in aria nell’esile punta rivolta al cielo, altro non era che un’allegoria del percorso che porta i propositi delle anime dal piano terreno a quello spirituale ed ultramondano. Le persone, proprio come oggi, si scambiavano regali: tali doni, le strenae, non erano però contraddistinti dalla moderna opulenza che tutti possono averci insegnato, ma stavano piuttosto a simboleggiare dei concreti auguri fatti al destinatario per l’anno venturo, e la loro utilità molto spesso si esauriva nel proposito spirituale e nel simbolismo del regalo stesso.
Come nel nostro moderno emancipazione di costume e forte coscienza spirituale stavano alla base di questa ricorrenza antica che ha fornito alla tradizione cristiana non pochi spunti e basi per la celebrazione del nostro Natale. Così, in questo periodo storico difficile per tutti ed in particolar modo in questo periodo dell’anno così propizio al rinnovamento spirituale, faccio un grande augurio a tutti, soprattutto a noi giovani tanto incerti oggi, quanto certamente padroni del domani!